giovedì 21 luglio 2011

frammenti onirici-3

Un sogno di qualche tempo fa.


Mi trovo in una vecchia città da qualche parte del nord Europa, credo nei primi anni del XX secolo. Vivo in una antica e piccola stanza poco illuminata, nelle immediate vicinanze della piazza cittadina, che è anch'essa di piccole dimensioni, stretta da un cerchio di alte abitazioni dalla tipica architettura di stile nordico. È inverno, ma c'è poca neve: si può avvertire la forte sensazione dell'oscurità calante verso sera, anche a causa del fatto che la luce elettrica dei lampioni non è ancora diffusa tra le strade principali della cittadina. Sono un universitario o comunque uno studente . Vengo a conoscenza tramite voci che girano tra amici dell'esistenza di una particolare bottega di giocattoli, ma soprattutto di marionette e burattini, tenuta da un bizzarro e sconosciuto giovane studente dell'università. Non ricordo se giravano strane voci riguardo, ma mi pare di no (ho avuto una specie di flashback improvviso sulle bambole e i burattini e sull'estrema solitudine di questo tizio; in qualche modo sapevo che egli vedeva nei suoi giocattoli tutto il suo mondo. In particolare, mi parve che una delle sue bambole, raffigurante un ragazzino ariano, gli sorridesse, ma non ci feci molto caso). Decido allora, insieme a tre miei amici, di andare a visitare la bottega. Li incontro fuori dalla mia casa, in pieno centro cittadino. È un tardo pomeriggio in pieno inverno, la luce in calo è grigio sporca; si può sentire l'odore di combustibile bruciato provenire dai camini delle case. La bottega si trova poco oltre la piazza cittadina, nei pressi di un vicolo stretto e buio, ed è piuttosto nascosta. È situata in un vecchio seminterrato, e per accedervi bisogna scendere una scaletta che lascia intravedere in fondo l'entrata del negozio. Mentre scendiamo, posso osservare all'interno il giovane commesso comportarsi in modo piuttosto strano (parla da solo e gioca con dei modellini di navi e velieri). Nel momento in cui entriamo in qualche modo sappiamo già che qualcosa non funziona. L'atmosfera è statica e carica allo stesso tempo. Il giovane commesso, biondo, riccioluto e occhialuto, inizialmente non profferisce parola, né ci guarda. Poi inizia a intimarci di fare delle cose. Mi assale un senso di urgenza. A due dei miei amici ordina di chiudere a chiave le porte d'accesso alla bottega, che sono due: una è quella dalla quale siamo entrati, l'altra dà sul retro del negozio e porta direttamente al vicolo nero e malsano sul quale è situato. Al terzo mio amico ordina di avviarsi al piano superiore dell'abitazione e di attendere lì. Tutti loro ubbidiscono: è ormai chiaro che il commesso detiene un potere pauroso che forzatamente ci sottomette, mentre dalle mensole della bottega le bambole, le marionette e i burattini ci osservano, vuoti e artificiali. Il bottegaio si rivolge poi a me, mi ordina di spogliarmi e di prepararmi a subire cinque operazioni chirurgiche, nella cui esecuzione sarà aiutato dalle sue piccole creature. Mi pervade un terrore cieco mentre intorno a me le marionette e tutto il resto prendono vita e mi afferrano: arrivano dappertutto e sono talmente impaurito che chiudo gli occhi per non vedere cosa stia per accadere. Inoltre sono fortissime: posso sentire la loro morsa meccanica serrarmi le membra mentre mi trascinano inesorabilmente verso il commesso. Finalmente comincio ad opporre una resistenza disperata, anche se il terrore mi toglie la forza, e riesco dopo sforzi immani a liberare una gamba e un braccio, e infine tutto il corpo. Mi precipito verso l'uscita secondaria del negozio: gli altri due amici rimasti con me decidono anch'essi di tentare la fuga, e comincia una fase concitata. Il burattinaio si incazza e fa accorrere dal piano superiore (l'amico che era rimasto là ben se ne accorge, dato che comincia a urlare in preda all'orrore) le sue “marionette umane”, che io non vedo ma che so essere orribili parti anatomiche di uomini assemblate in modo molto macabro tra loro e in grado di muoversi (simili alle bambole di Bellmer in versione “reale”). La consapevolezza del fatto che quelle cose, dal piano di sopra, si stiano avvicinando, mi impaurisce assai. Non scorgo più i miei amici mentre in qualche modo riesco ad accedere precipitosamente al retro del negozio, ma sento il terrore nella voce di uno di loro che urla rivolto alle cose che stavano arrivando qualcosa di correlato al fatto che li avesse identificati quali “cacodemoni”. La natura demoniaca di tutto quell'affare mi fa cagare ancora più addosso. Ho una fugace visione mentale di una creatura una volta umana in un corridoio buio, a cui è stata sostituita la parte superiore del corpo con delle altre gambe maschili attaccate al contrario... ecco a cosa si riferiva il bottegaio riguardo le operazioni che io, come gli altri, avremmo dovuto subire... ma non vedo comunque in prima persona nessuna di queste creature, pur consapevole del fatto che ne abbia almeno un paio alle calcagna.

Infine riesco a mettermi in salvo e a tornare tra le strade ormai buie della vecchia cittadina. Comincia a nevischiare. Sono conscio non so come della sopravvivenza dei miei amici, anche se non li vedo. Torno nel mio piccolo monolocale illuminato da una candela e ripenso al bottegaio solitario che gioca e parla con le sue bambole, giù nel seminterrato del suo negozio.

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