martedì 20 giugno 2017

La Porta dell'Uomo - un ricordo solstiziale

Tra i colli - Un lustro addietro

Erano sere celesti, vibranti di una calma innaturale, quelle dei primi incerti passi; soffuse di luce che sembrava non finire mai, rinfrescate dal respiro umido del rivo strisciante nel bosco. Dopo cena mi avviavo ai piedi di un ciliegio, sul limitare dei prati di Valmarina. La luna immobile nel cielo era un faro argenteo dal quale una lenta onda montante, magnetica e vivificante, scendeva sulla terra al confine del sosltizio; da essa sorgeva anche la nuova sensazione di inquietudine, intrecciata nell'intimo del silenzio interiore, dischiusa da fugaci sguardi sulle sfere oscure.
Poco lontano, il continuo gracidìo delle rane in amore nella fresca umidità di quella giovane estate pareva nascere dalle ombre del bosco sempre più dense.

MARAG AMA LILITH RIMOK SAMALO NAMAAH

La fresca umidità di una giovane estate che sospirava dai sentieri dei colli, le sere di giugno: il suo profumo faceva vacillare i sensi nell'orgia silenziosa del solstizio - sambuco, fieno e ombre.
Con un solo taglio alla luce della luna, un ramo di noce, grondante essenze balsamiche di mallo, divenne la voce del fuoco del sole occulto.
Ardeva anche un piccolo fuoco di pascolo, alimentato da ramaglie, mentre ogni atto si manifestava silenzioso dal grembo nero di una natura lontana, fattasi interiore, rischiarata dai segni delle stelle.
La porta dell'Uomo si spalancò infine alla visione; il fuoco si quietò come riflesso dell'altra fiamma alchemica. Ogni cosa si fece pura e lucida nel buio, fremendo d'amore e potere.
 

giovedì 8 giugno 2017

So ben di ripetermi ma...



...c'è una affinità di fondo tra due stati apparentemente agli antipodi come l'estasi, o ciò che vi si avvicina, e il satanico piacere autodistruttivo del dividere razionalmente all'eccesso. In entrambi i casi si sconfigge spesso la paura della morte. Le due polarità estreme - quella basica della pura elementarità in assenza di percezioni corporee in senso stretto, e quella acida risultante da un'esagerata percezione nevrotizzata di corpo (e quindi) mente - si toccano identificandosi nella loro derisoria assenza di scopo, e quindi di temporalità; e là dove muore il tempo è il sogno di dio.
Ma non prendiamo certo come metro la capacità di superare temporaneamente  la consapevolezza della morte; a tal proposito comprendiamo la similarità superficiale di percorsi come il misiticismo, la devozione, la filosofia, l'amore, la volontà guerriera, etc...
Abbatti il muro liscio e freddo della morte - già un lieve senso di apprensione si trasforma in crampo e contorsione gastrica al solo pensiero - fà della volontà quel che ti sorregge più d'ogni altra cosa...

      (il processo alchemico è reazione intessuta nell'eterno presente)

e così sarà anche in quell'altro momento di trauma essenziale.
Certo, allora, la capacità di vivere oltre la mente - che è materia inerte - sarà molto più utile di qualsivoglia accanimento concettuale su cui ci si è "esercitati" in vita.
Saccente: cosa mai può essere "utile", affermi, deridendomi.

Utile a non dover rischiare di reincarnarsi, o reinterpretarsi, laddove sia ormai scontato che i noiosi giochi sono già dati e fatti.

Chi ha orecchie da lupo, notturne e lunari, di vera intelligenza intuitiva che rinasce man mano, intenda.
L'ideale è che chi abbia "fatto andare troppo la testa" faccia in modo di tagliarsela.
Che fine facciano poi le orecchie lo sa dio. Ciò che conta è la vista: bisogna averla nei piedi.