mercoledì 14 novembre 2012

Alcune figure demoniache del folklore lombardo


FUOCHI FATUI

Pallide stelle degli stagni rilucono sul velo oscuro delle acque, come incerte e flebili escrescenze delle brume notturne.
 Negli umidi silenzi del bosco di Novembre, tra le tane dei tassi e i letti angusti dei ruscelli,
chi si inganna, e li evoca senza timore, o chi va errando tardi nella sera tra i carpini spogli, può udire
 un rivo sottile strisciare innanzi, e mossi due passi oltre le nicchie putrescenti dei funghi,                      ecco che scorge le solitarie candele d'autunno.

Allora stupito scivola sul ventre molle della terra, e queste si fanno più vicine: fiamme fradicie d'acqua, sono avare di luce e calore. Un chiarore spettrale intorno: e gli arazzi di foglie riverse brillano appena del loro bagliore, di giorno brunito; ecco che un sentiero verso casa si svela                e senza voltarsi l'errante lo prende.

Le leggende sono il pane dell'immaginazione e questa è una facoltà primaria, che va nutrita. Nell'uomo contemporaneo spiritualmente lobotomizzato si è inaridita. Ma tempo fa essa circolava nell'aria molto di più ed era parte integrante del vissuto quotidiano di ognuno; un esempio sono le innumerevoli storie di esseri ed entità che abitavano i nostri monti e le nostre vallate fino a pochi anni fa.

Il Tettavach
Tra i magri pascoli e gli aridi boschi dei colli e dei monti pre alpini era nota la presenza di questo strano rettile-chimera. Venne visto come un serpente nero e lungo, in grado di rubare il latte alle vacche, e ci sono testimonianze di alcune di queste serpi che si infilavano nelle culle dei neonati sempre nella speranza di nutrirsi del prezioso liquido bianco. Il Tettavach ha diverse analogie con un'altra creatura del folklore alpino, il Tatzelwurm; questo era molte volte un serpente dotato di zampe anteriori, in grado di danneggiare il bestiame succhiandone il sangue. Avvistamenti di Tatzelwurms ci sono stati fino alle soglie del XX secolo, ed esiste anche una fintissima fotografia che ne ritrae un simpatico esemplare.

La Cavra besula (Caurabesol)
La Cavra besula si ritrova in diverse varianti su tutto l'arco alpino lombardo.
Sui ripidi ghiaioni e i solitari pascoli estivi del massiccio della Presolana questa si aggirava, di notte, per ghermire gli sprovveduti pastori che avevano lasciato incuranti del rischio il loro bivacco. Essa si annunciava con un terrificante verso ed
appariva come un enorme caprone dagli occhi di sangue infuocato. La vicenda della Cavra besula ha radici molto profonde, che vanno a toccare antiche paure, in primis quella per le streghe (lat. strix). Il suo verso terribile è stato più volte infatti associato quello di un rapace notturno, il succiacapre, tipico di quegli aspri ambienti rocciosi. Questo uccello si nutre di insetti, e andandoli a cercare tra il pelame delle capre si riteneva che succhiasse loro il latte rendendole pure cieche; le povere capre finivano quindi a vagare sperdute, senza meta, tra i selvaggi ambienti montani, dando così avvio al tipico "modus operandi" della Cavra besula descritto prima. Una considerevole affinità con la Cavra besula la si può notare con il demoniaco Habergoass austriaco, rappresentato in diverse mascherate invernali locali come un capro lunghissimo e dallo sguardo pauroso.