lunedì 2 giugno 2014

Città infinita e Ultimo uomo

Un altro legame primordiale, quello che legava gli uomini alla loro terra di origine e appartenenza, è venuto meno nello svolgersi dell'ultimo secolo: l'importanza del sentirsi sostanziati anche dall'essenza di quella che con le sue peculiarità è la terra di ognuno. L'uomo del Kali-Yuga è disidentificato e frammentato anche a causa del suo essersi estirpato dai luoghi caratteristici della sua particolare gente. Il proliferare di non-luoghi divorando la bellezza e la specificità annulla anche il senso. Il non-luogo è sradicato nei confronti del territorio, e allo stesso tempo, in virtù della sua disgraziata presenza fisica - asettica, anonima e isolata dal contesto circostante - ne deturpa la fisionomia più umana, basata ad esempio sull'utilizzo di materiali e di tecniche costruttive tipiche e locali.
La bruttura standardizzata di acciaio, cemento e asfalto omogeneizza il territorio impedendo all'uomo medio, di per sé già privo di iniziativa personale, di ampliare i propri orizzonti estetici e visivi, e quindi intellettuali. In questo senso si situa l'idiozia delle "ferie" massificate, delle masse che puntualmente, in dati periodi dell'anno, si riversano dalle infernali città-termitaio verso mete e luoghi prefissati di modo da "staccare" momentaneamente dall'orrida e meccanizzata routine lavorativa di ogni giorno.
La struttura stessa della metropoli infinita odierna, "città lineare" senza limiti, distesa spesso poco funzionale di grigiore e banalità, limitando la visione di orizzonti di bellezza e di eterogeneità, porta ad una mancanza di impulsi orientabili al sovrasensibile o comunque all'extra-umano, il che è una importante condizione preliminare all'accesso a stati più spiritualizzati dell'essere.