domenica 14 aprile 2013

Canto Alto: notte d'Aprile

I. In cima
Inondati dal crepuscolo, gli ultimi bucaneve e i crochi spuntano esili dall'erba, incendiando di bianco i ripidi pendii settentrionali del monte. Il sole intanto, adagiandosi leggero nel suo giaciglio di roccia ad ovest, incupisce le nevi remote delle montagne, donando loro un misterioso tepore rosato.
Non potrò mai stancarmi di quel profilo continuo di vette che dalla cima di questa montagna, il "nostro" Canto, si può ammirare; sempre però mi soffermo su quei giganti che sento più vicini: la Presolana fosca con il Camino subito dietro, il Pegherolo dalle inconfondibili striature di pietra, il Tre Signori, l'Alben, il Menna e l'Arera, il Campelli e poi il lecchese, con le Grigne e il Resegone... in realtà ogni salita al Canto rivela sempre nuovi dettagli e regala angoli di sensazioni che nascondono ricordi preziosi; questi sono i doni unici delle montagne, elargiti a pochi.


II. Nei pressi del colle s.Anna
Rantoli finali del lungo inverno di quest'anno, i venti freddi che giocano con le stelle e con le scintille del nostro piccolo fuoco hanno ripulito la volta celeste dai miasmi della città. La sottile luna che cresce nel nome di Lilith e l'Ariete spavaldo brillano nell'oscurità siderale - la porta della Primavera è spalancata del tutto - mentre il profumo delle resine bruciate si sprigiona dal caldo bagliore delle braci; una fiamma segreta in questa notte limpida, e lontana.
Ancora l'incanto delle sagome nere delle grandi montagne - Resegone, Grigne - che si stagliano eterne e piene di memorie all'orizzonte, titani dormienti nella sera. Tutto è morto e tutto è vivo: i silenzi dei pascoli e dei boschi d'Aprile, l'atmosfera di elettrica sospensione della luna crescente e il diluirsi benefico dei pensieri conseguente - un tempo tutto questo già mi appartenne, ma quando?
Abbiamo brindato infine al colle s.Anna, con il denso e scuro nocino dell'estate precedente, l'essenza della primavera al suo culmine generativo, prima di scendere nuovamente verso le maree caotiche dell'umanità, attraverso il buio degli antichi sentieri...


lunedì 1 aprile 2013

I Quattro Pilastri



Di questi concetti basilari della ricerca interiore credo che si abusi spesso; di seguito ho cercato di esprimere cosa per me rappresentino in questo periodo.

Sapere
Metto le mani avanti; non si tratta qui solo della conoscenza così come è comunemente intesa nella società occidentale odierna, ovvero un insieme di nozioni o di nozioni su come si acquisiscono nozioni; questo "sapere" si dovrebbe intendere come di fattura esclusivamente spirituale. Lo si può ritrovare sui libri, celato o meno, ma mai potrà essere interamente compreso solo attraverso lo studio "scolastico" di certi contenuti. Sicuramente si tratta di una conoscenza che va in parallelo su diverse direttrici: alcune di queste sono a mio avviso la COSCIENZA DI Sé E DEL MONDO, la PRATICA, l'APERTURA MENTALE ALLE POSSIBILITA' DEL "REALE", l'INTUIZIONE SIMBOLICA DELLE FORZE DEL MANIFESTATO. In questo senso il sapere qui inteso è un processo che vive e muta nel tempo e che bisogna saper coltivare con una certa abilità per evitare di rimanere abbagliati da errate interpretazioni di esso, che possano andare a influire negativamente, talvolta anche in maniera sotterranea, sulla vita interiore di chi intraprende la ricerca spirituale.

Volere
Questo pilastro riflette quella che io definisco anche come "vocazione"; soprattutto in quest'epoca che fagocita continuamente sé stessa, un'intenzionalità ferma e irremovibile nei propri propositi diviene una facoltà primaria sulla quale concentrarsi. Farlo significa distruggere l'indolenza e le perdite di tempo, cercando di rimanere in uno stato di attività magica il più a lungo e frequentemente possibile nella vita di tutti i giorni, veglia o sonno che sia. Non ci sono scusanti per chi, consapevole, non eserciti la propria Volontà, se non il fatto di essere ancora incerti e in fondo soddisfatti della propria condizione esistenziale. La volontà magica deve avere la forza di disgregare le artificiose comodità mentali della vita pre-impacchettata che oggi ci è "offerta"; essa dovrebbe divenire il fuoco interiore che illumina la via divorando senza pietà gli innumerevoli ostacoli che man mano è inevitabile incrociare.

Osare
Questo è un precetto valido su molteplici livelli, da quello più pratico, inerente a operazioni vere e proprie e simili, a quello più astratto, nel senso della capacità di accettare concetti e visioni del mondo difficili e inusitate. Osare può indicare anche l'essenziale procedimento  del mettere in discussione la conformazione del proprio Io dato fino a un certo momento (quello che dovrebbe precedere l'inizio di una ricerca spirituale ben condotta) e così permettere l'avvio del Solve. L'andare contro i propri abitudinari e comodi processi psico-fisici nell'ottica di un cambiamento graduale, difficile ma necessario - se è veramente sentito come tale.
Osare è per me il richiamo che sorge dal profondo e che permette così di spezzare l'inevitabile Paura, traendo il potere per farlo dal grande momento dell'Istante.

Tacere
Ritengo il silenzio assolutamente fondamentale, in quanto custode di sottili meccanismi psichici capitali per l'equilibrio spirituale che ognuno si crea su questo percorso. Importante il fatto che il silenzio riguarda sì il rapporto con gli altri uomini, ma anche quello con le diverse parti del proprio sé nei confronti di tutto ciò che concerne la ricerca spirituale. Su quest'ultimo punto non credo sia opportuno dilungarmi oltre.