giovedì 8 giugno 2017

So ben di ripetermi ma...



...c'è una affinità di fondo tra due stati apparentemente agli antipodi come l'estasi, o ciò che vi si avvicina, e il satanico piacere autodistruttivo del dividere razionalmente all'eccesso. In entrambi i casi si sconfigge spesso la paura della morte. Le due polarità estreme - quella basica della pura elementarità in assenza di percezioni corporee in senso stretto, e quella acida risultante da un'esagerata percezione nevrotizzata di corpo (e quindi) mente - si toccano identificandosi nella loro derisoria assenza di scopo, e quindi di temporalità; e là dove muore il tempo è il sogno di dio.
Ma non prendiamo certo come metro la capacità di superare temporaneamente  la consapevolezza della morte; a tal proposito comprendiamo la similarità superficiale di percorsi come il misiticismo, la devozione, la filosofia, l'amore, la volontà guerriera, etc...
Abbatti il muro liscio e freddo della morte - già un lieve senso di apprensione si trasforma in crampo e contorsione gastrica al solo pensiero - fà della volontà quel che ti sorregge più d'ogni altra cosa...

      (il processo alchemico è reazione intessuta nell'eterno presente)

e così sarà anche in quell'altro momento di trauma essenziale.
Certo, allora, la capacità di vivere oltre la mente - che è materia inerte - sarà molto più utile di qualsivoglia accanimento concettuale su cui ci si è "esercitati" in vita.
Saccente: cosa mai può essere "utile", affermi, deridendomi.

Utile a non dover rischiare di reincarnarsi, o reinterpretarsi, laddove sia ormai scontato che i noiosi giochi sono già dati e fatti.

Chi ha orecchie da lupo, notturne e lunari, di vera intelligenza intuitiva che rinasce man mano, intenda.
L'ideale è che chi abbia "fatto andare troppo la testa" faccia in modo di tagliarsela.
Che fine facciano poi le orecchie lo sa dio. Ciò che conta è la vista: bisogna averla nei piedi.


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