giovedì 21 novembre 2013

La Cacciamorta orobica, da Wotan all'uccellatore


E mi sovvien che un vecchio uccellatore
(e noi, fanciulli ancora, intorno intorno
ascoltavamo con pupille immote)
narrava del Diavolo la caccia
pei dossi della squallida Mughera.
Negra di pelo, orribile, con gli occhi 

fiammeggianti,, vedevasi una cagna
fuggire velocissima ululando:
e dietro ad essa un'affannosa muta
di segugi fantastici, e dovunque
voci d'inferno e strider di catene.
                               (B.Belotti, in "Val Brembana", poemetto, 1930)


Ho già descritto precedentemente alcuni aspetti dell'esistenza di un patrimonio di credenze e tradizioni comuni in tutto l'arco alpino e più in generale nell'europa settentrionale, il quale assume di volta in volta diverse forme a seconda del luoghi e delle genti.  Con l'avvicinarsi del Rauhnacht, che sulle nostre montagne, in certi suoi aspetti, venne trasmesso e anticipato al periodo che intercorre tra il Samhain celtico, il giorno dei Morti, e il dì di san Martino, non posso non parlare della leggendaria caccia selvaggia (wilde jagd). Nell'arco di dodici notti, collocate più o meno nel periodo del solstizio invernale, si incontra nella tradizione nordica (Germania e Britannia, poi il resto d'europa) questo tema. Nella fredda oscurità delle valli e dei boschi ormai nudi, Wotan a cavallo di Sleipnir correva in una folle caccia insieme alle legioni demoniache e a Perchta, una forma arcaica di Frigga. Un mito questo essenzialmente solare, legato anche al viaggio di Odino negli inferi, e quindi a morte e rinascita, che nella sue veste orobica assume posteriormente connotati inevitabilmente cristiani. Nel periodo della "festa di Mort" ritroviamo, nella bergamasca, la "caccia morta". Per gli anfratti delle nostre montagne, tra gli scoscesi dirupi boscosi e le gelide forre dei ruscelli, le anime dei cacciatori che in vita non andavano mai a messa erano condannate a seguire per l'eternità la selvaggina, insieme a terribili segugi infernali. La cacciamorta passava facendosi udire dalle gole più profonde delle vallate, con strepiti e urla inumane. Si diceva che solo coloro che durante il proprio battesimo erano stati tenuti in braccio da qualcuno che non aveva recitato le orazioni d'obbligo fossero in grado di udirla.
L'affascinante e millenaria leggenda della cacciamorta era molto radicata tra gli abitanti delle nostre montagne fino a un secolo fa, quando molti di loro narravano con grande timore dei loro spaventosi incontri con quella calca infernale.

http://www.leggende.vallebrembana.org/caccia.html

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