Nei pressi della "grotta del Pacì", tra Canto Alto e Basso |
Nel territorio orobico è riconosciuta
la presenza di diverse cavità correlate toponomasticamente a
vicissitudini di briganti, malfattori, o ladri che pare le abbiano in
qualche modo utilizzate come covo e nascondiglio(1). Da una prospettiva semplicemente visiva
oggigiorno risulta in effetti
facile immaginare come personaggi di tal genere, storicamente esistiti
o meno, potessero trovare rifugio e via di fuga nel labirinto di
boscaglie e abbandono tipico del paesaggio della nostra montagna. Dei
sentieri, delle cascine e di mille altri piccoli segnali antropici un
tempo ben definiti oggi non rimane che la rovina(2), e quel che c'è di
nascosto come le grotte appunto è destinato a divenirlo sempre di
più, complice la mancanza di cura e interesse.
Al
tempo del formarsi delle dicerie sui briganti le cose stavano
diversamente; ogni piccolo anfratto roccioso, ogni lembo di pascolo o
di bosco era conosciuto spesso con un suo nome proprio dall'abitante
del posto. Il territorio aveva una sua ben precisa identità
toponomastica localmente riconosciuta. L'accesso a luoghi che oggi
diremmo “selvaggi” era garantito da una rete di “infrastrutture
naturali” oggetto di continua premura e controllo; i versanti, i
boschi e le selve apparivano puliti in quanto sottoposti al pascolo e
alla coltivazione. In uno scenario simile l'universo carsico era
sicuramente ben più riconosciuto, almeno superficialmente, da grande
parte della popolazione del luogo, con tutto il carico simbolico e
narrativo annesso. In
questo quadro storico il brigantaggio risulta ben esistente e
documentato, anche se naturalmente diviene impossibile risalire con
certezza alla presenza in una determinata grotta di un gruppo di
ladri o simili. È facile però immaginare un certo grado di
possibile connivenza tra questi e la popolazione locale,
principalmente nelle fasce più povere della stessa. Appare quindi
piuttosto improbabile che gente come i contadini, i pastori o i
cacciatori non fossero a conoscenza dell'eventuale presenza di
criminali all'interno dei loro luoghi d'elezione; sicuramente avevano
una conoscenza del loro territorio del tutto superiore a quella
media dell'abitante attuale dello stesso. Ipotesi di una fine
tessitura di “favori reciproci” tra le due parti non sono
improbabili. Questa vicendevole simpatia può aver portato del resto a quella
sedimentazione nell'immaginario popolare di alcune famose figure di
briganti assurte a veri e propri “miti” collettivi; a questa è
seguita la transizione dal fatto locale alla memoria storica
condivisa, costellata poi di episodi al limite del leggendario.
L'esempio orobico di riferimento è il Pacì Paciana(3), che tra la
cima e le pendici del Canto Alto pare fosse di casa in diverse cavità
“nascoste”(4). La
grotta-caverna-spelonca diviene in quest'ottica, ancora una volta, il
deposito delle paure rinnegate ed evitate dall'uomo: il ladro vi si
annida al suo interno, invisibile, pronto ad emergerne per compiere
i suoi delitti non appena le luci del giorno si fanno morenti.
Ad
oggi le cavità orobiche correlate – nel toponimo - a vicende
ladronesche sono circa una decina (5), essendo probabilmente la LOBG
3683 e la LOBG 1474 assimilabili alla stessa vicenda(6). Da
questo carattere sotterraneo di devianza emana un riflesso più
recente e in qualche modo rassicurante, quello delle grotte
cosiddette “dei partigiani”, anch'esse piuttosto numerose nelle
Alpi Orobie(7). Si tratta bene o male dello stesso tema pur se
trasposto in chiave diversa, quella della ribellione ad un ordine
sociale sentito ormai diffusamente come ingiusto, imposto e scomodo.
La caverna diviene quindi ancora il grembo dal quale trarre nuova
linfa per una possibile rinascita e ricostruzione del mondo(8).
NOTE
1 altrove, sempre in Lombardia, le
grotte divengono luogo stesso del crimine. Esempi si ritrovano nei
pressi del monte Maddalena e dell'altopiano di Cariadeghe nel
bresciano. Gleria E., Contributo per una ricerca sul folklore delle
grotte lombarde http://spazioinwind.libero.it/folkgrotte/lombardia.htm
2 o
peggio, il rinnovamento mal riuscito.
3 https://www.valbrembanaweb.com/valbrembanaweb/sitogino/personaggi/paci_paciana/paci_paciana.html
4 in primis LOBG 1065, negli immediati pressi del Canto Basso, e LOBG 1061 a Ambria di Zogno.
5 LOBG1450, LOBG1104, LOBG1065, LOBG1061, LOBG1015, LOBG1115, LOBG3639, LOBG3683, LOBG1474, LOBG1379.
6 “Nella località Castèl a Parre Inferiore, erano visibili fino al 1300 i ruderi di un antico castello circondato da fortificazioni. Nei pressi partiva un cunicolo che sfociava sulla strada tra Ponte Nona e Ponte Selva. Ancora oggi si può notare un largo foro praticato nella roccia che si insinua sotto terra in direzione di casa Caminelli, foro chiamato “Caverna dei ladri”. Gli informatori riferiscono anche dell'esistenza di numerosi altri cunicoli colleganti Parre di Sopra e Parre di Sotto. Di qui il fiorire di storie di briganti, comuni a molte località della Valle Seriana" (Anesa, Carissoni, Rondi, 1981; Beduschi 1983); da Gleria E., op. cit., http://spazioinwind.libero.it/folkgrotte/lombardia.htm
6 “Nella località Castèl a Parre Inferiore, erano visibili fino al 1300 i ruderi di un antico castello circondato da fortificazioni. Nei pressi partiva un cunicolo che sfociava sulla strada tra Ponte Nona e Ponte Selva. Ancora oggi si può notare un largo foro praticato nella roccia che si insinua sotto terra in direzione di casa Caminelli, foro chiamato “Caverna dei ladri”. Gli informatori riferiscono anche dell'esistenza di numerosi altri cunicoli colleganti Parre di Sopra e Parre di Sotto. Di qui il fiorire di storie di briganti, comuni a molte località della Valle Seriana" (Anesa, Carissoni, Rondi, 1981; Beduschi 1983); da Gleria E., op. cit., http://spazioinwind.libero.it/folkgrotte/lombardia.htm
7 LOBG7331, LOBG3656, LOBG3655, LOBG1290, LOLC5020, LOBG1458, LOBG1446, LOLC5013.
8 di certo questa non è l'unica interpretazione possibile del rapporto che il brigantaggio e le grotte avevano nell'immaginario popolare. Per quanto riguarda LOBG1379, ad esempio, si è a conoscenza di un racconto popolare di Albino, nel quale è descritta l'attività criminale di una donna e dei suoi familiari, che dopo aver derubato e assassinato i viandanti ne gettavano i corpi nella suddetta grotta. (Anesa, Rondi, 1981)
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