sabato 9 marzo 2019

Valenze folcloriche della speleologia orobica 3 - I ladri e i loro buchi

Nei pressi della "grotta del Pacì", tra Canto Alto e Basso

Nel territorio orobico è riconosciuta la presenza di diverse cavità correlate toponomasticamente a vicissitudini di briganti, malfattori, o ladri che pare le abbiano in qualche modo utilizzate come covo e nascondiglio(1). Da una prospettiva semplicemente visiva oggigiorno risulta in effetti facile immaginare come personaggi di tal genere, storicamente esistiti o meno, potessero trovare rifugio e via di fuga nel labirinto di boscaglie e abbandono tipico del paesaggio della nostra montagna. Dei sentieri, delle cascine e di mille altri piccoli segnali antropici un tempo ben definiti oggi non rimane che la rovina(2), e quel che c'è di nascosto come le grotte appunto è destinato a divenirlo sempre di più, complice la mancanza di cura e interesse. 
Al tempo del formarsi delle dicerie sui briganti le cose stavano diversamente; ogni piccolo anfratto roccioso, ogni lembo di pascolo o di bosco era conosciuto spesso con un suo nome proprio dall'abitante del posto. Il territorio aveva una sua ben precisa identità toponomastica localmente riconosciuta. L'accesso a luoghi che oggi diremmo “selvaggi” era garantito da una rete di “infrastrutture naturali” oggetto di continua premura e controllo; i versanti, i boschi e le selve apparivano puliti in quanto sottoposti al pascolo e alla coltivazione. In uno scenario simile l'universo carsico era sicuramente ben più riconosciuto, almeno superficialmente, da grande parte della popolazione del luogo, con tutto il carico simbolico e narrativo annesso. In questo quadro storico il brigantaggio risulta ben esistente e documentato, anche se naturalmente diviene impossibile risalire con certezza alla presenza in una determinata grotta di un gruppo di ladri o simili. È facile però immaginare un certo grado di possibile connivenza tra questi e la popolazione locale, principalmente nelle fasce più povere della stessa. Appare quindi piuttosto improbabile che gente come i contadini, i pastori o i cacciatori non fossero a conoscenza dell'eventuale presenza di criminali all'interno dei loro luoghi d'elezione; sicuramente avevano una conoscenza del loro territorio del tutto superiore a quella media dell'abitante attuale dello stesso. Ipotesi di una fine tessitura di “favori reciproci” tra le due parti non sono improbabili. Questa vicendevole simpatia può aver portato del resto a quella sedimentazione nell'immaginario popolare di alcune famose figure di briganti assurte a veri e propri “miti” collettivi; a questa è seguita la transizione dal fatto locale alla memoria storica condivisa, costellata poi di episodi al limite del leggendario. L'esempio orobico di riferimento è il Pacì Paciana(3), che tra la cima e le pendici del Canto Alto pare fosse di casa in diverse cavità “nascoste”(4). La grotta-caverna-spelonca diviene in quest'ottica, ancora una volta, il deposito delle paure rinnegate ed evitate dall'uomo: il ladro vi si annida al suo interno, invisibile, pronto ad emergerne per compiere i suoi delitti non appena le luci del giorno si fanno morenti. Ad oggi le cavità orobiche correlate – nel toponimo - a vicende ladronesche sono circa una decina (5), essendo probabilmente la LOBG 3683 e la LOBG 1474 assimilabili alla stessa vicenda(6). Da questo carattere sotterraneo di devianza emana un riflesso più recente e in qualche modo rassicurante, quello delle grotte cosiddette “dei partigiani”, anch'esse piuttosto numerose nelle Alpi Orobie(7). Si tratta bene o male dello stesso tema pur se trasposto in chiave diversa, quella della ribellione ad un ordine sociale sentito ormai diffusamente come ingiusto, imposto e scomodo. La caverna diviene quindi ancora il grembo dal quale trarre nuova linfa per una possibile rinascita e ricostruzione del mondo(8). 



NOTE
1 altrove, sempre in Lombardia, le grotte divengono luogo stesso del crimine. Esempi si ritrovano nei pressi del monte Maddalena e dell'altopiano di Cariadeghe nel bresciano. Gleria E., Contributo per una ricerca sul folklore delle grotte lombarde http://spazioinwind.libero.it/folkgrotte/lombardia.htm
2 o peggio, il rinnovamento mal riuscito.
3  https://www.valbrembanaweb.com/valbrembanaweb/sitogino/personaggi/paci_paciana/paci_paciana.html
4 in primis LOBG 1065, negli immediati pressi del Canto Basso, e LOBG 1061 a Ambria di Zogno.
5 LOBG1450, LOBG1104, LOBG1065, LOBG1061, LOBG1015, LOBG1115, LOBG3639, LOBG3683, LOBG1474, LOBG1379.
6 “Nella località Castèl a Parre Inferiore, erano visibili fino al 1300 i ruderi di un antico castello circondato da fortificazioni. Nei pressi partiva un cunicolo che sfociava sulla strada tra Ponte Nona e Ponte Selva. Ancora oggi si può notare un largo foro praticato nella roccia che si insinua sotto terra in direzione di casa Caminelli, foro chiamato “Caverna dei ladri”. Gli informatori riferiscono anche dell'esistenza di numerosi altri cunicoli colleganti Parre di Sopra e Parre di Sotto. Di qui il fiorire di storie di briganti, comuni a molte località della Valle Seriana" (Anesa, Carissoni, Rondi, 1981; Beduschi 1983); da Gleria E., op. cit., http://spazioinwind.libero.it/folkgrotte/lombardia.htm
7 LOBG7331, LOBG3656, LOBG3655, LOBG1290, LOLC5020, LOBG1458, LOBG1446, LOLC5013.
8 di certo questa non è l'unica interpretazione possibile del rapporto che il brigantaggio e le grotte avevano nell'immaginario popolare. Per quanto riguarda LOBG1379, ad esempio, si è a conoscenza di un racconto popolare di Albino, nel quale è descritta l'attività criminale di una donna e dei suoi familiari, che dopo aver derubato e assassinato i viandanti ne gettavano i corpi nella suddetta grotta. (Anesa, Rondi, 1981) 

Nessun commento:

Posta un commento