domenica 26 giugno 2011

Sui Tattwa



Vayu: aria, un cerchio azzurro

Apas: acqua, una mezzaluna argentea

Agni o Tejas: fuoco, un triangolo rosso

Prithivi: terra, un quadrato giallo

Akasa: etere (spirito), un ovoide nero


Segni archetipici della tradizione mistica indiana, vengono utilizzati, tra le altre cose, quali vere e proprie “porte astrali” da alcuni gruppi esoterici occidentali. Sono infatti note le esperienze di alcuni membri di spicco (nell'ambito quasi “alla moda” tipico delle esperienze esotiche ed esoteriche tra otto e novecento) della Golden Dawn, come Machen o Yeats, il quale riporta una visione avuta applicandosi sulla fronte, penso durante una meditazione o un cerimoniale riguardante i piani astrali, l'immagine di Agni: una sorta di grande paesaggio desertico con delle rovine e un titano che si ergeva tra esse. Mac Gregor Mathers fa immaginare sul muro dinanzi al quale si sta meditando una proiezione mentale di uno dei Tattwa , che ingrandendosi diviene una porta attraverso la quale far passare la propria coscienza. Il luogo in cui si andrà a finire avrà delle corrispondenze attinenti al simbolo utilizzato (nel caso di Yeats, il Tattwa del fuoco ha “generato” il deserto).

Personalmente tendo a intuire questi segni come simbolizzazioni di aspetti vibratori generali di ciò che va a comporre l'universo, che permettono di legare il proprio corpo astrale ad essi tramite la comunanza di “frequenze” la quale si verrebbe a creare durante la pratica; alla stregua di segnavia energetici che direzionerebbero in un certo senso il corpo sottile durante lo sdoppiamento.

Crowley scrive, in questo senso, riguardo i diversi piani raggiungibili (oltre che della loro presunta “realtà”) quasi fossero “stratificazioni astrali” dei vari possibili simbolici umani, assimilabili quasi a un inconscio collettivo magico. I Tattwa si porrebbero allora tra le chiavi di accesso ai piani elementali di base, ai loro intrecci e interazioni: è consigliata infatti anche la pratica di combinare tra loro i differenti simboli per crearne altri che rispecchino le diverse qualità del reale (in totale si hanno venticinque combinazioni di Tattwa; un esempio: unendo Apas con Agni si ottiene l'aspetto calorico dell'acqua; la combinazione Vayu-Apas sente l'aspetto umido dell'aria, e così via).

Nel Liber E Vel Exercitorium , appendice a Magick, i Tattwa sono impiegati come appoggi utili alla fase meditativa di Dharana. L'immedesimazione elementale mi sembra un buon metodo: si consiglia di disegnare su cartoncini di media grandezza i simboli in questione, sceglierne uno da porre dinanzi alla propria visuale durante la pratica, e man mano formarsene un' immagine mentale stabile e preponderante, riconoscendolo progressivamente come parte integrante del sé: immaginarsi avvolti dalle fiamme e dal calore più bruciante utilizzando Agni, divenire il sangue bollente, denso e pulsante delle rocce quale è la lava nel caso dell'unione tra Agni e Prithivi, etc. Un artificio che fa dell'immaginazione una delle sue componenti fondamentali, quindi. In questo senso si può capire anche cosa significhino, nell'ambito della magia cerimoniale, le prove che si raccomanda che vengano superate dall'adepto che intenda procedere all'evocazione degli spiriti elementali: per dominare l'elemento fuoco, ad esempio, occorre sfidare le fiamme di un incendio; per poter contattare gli spiriti dell'aria, bisogna scalare montagne e superare precipizi. Per garantire il successo diviene necessaria la totale immedesimazione nell'elemento, la quale fa da “solvente dell'ego” di natura comunque sempre mentale.

(immagini tratte da dipinti di Austin Osman Spare)

giovedì 16 giugno 2011

Caduta nella vita


Forme pensiero cristallizzatesi nel reale, attraverso la compulsiva ripetizione di atti che mettono in moto forze invisibili e inconsistenti ma in grado di addensarsi pesantemente ai bordi dell'esistenza di chi o cosa è coinvolto in questo meccanismo. E' questo il versante oscuro delle pratiche apotropaiche e delle maledizioni? Un esempio banale, intriso di vergogna: è possibile che una fantasia sessuale ossessiva solidifichi il proprio immaginario nella vita di tutti i giorni attraverso il sacrificio costante di parti innominabili del sè? Dove va a finire tutta quell'energia autodistruttiva?
La mia mente è una palude i cui miasmi notturni fanno da flebile guida ai pensieri smarriti degli Altri verso la mia realtà. Ma non è così per tutti?
E l'odore dei millenni, le suggestioni più inafferrabili, l'angoscia sfuggente del sole del mattino, la demenza terminale dei linguaggi... fuochi fatui appena scorti tra le ombre della sera.
Le alterità finitamente possibili della natura fanno i loro giochi su questa fitta rete di sensazioni fluide e al limite dell'intuizione, ma sempre comunque pervasive?
Sicuramente il loro limite ultimo e necessario, ormai, non si trova più nella semplicità estraniante della carne...

mercoledì 15 giugno 2011

frammenti onirici-1

Paesaggio nordico, in inverno, una antica rocca posta su un dirupo roccioso, nero e spazzato dal vento.
La gerarchia nazista ha scelto quest'ultima sede prima della fine della guerra irrimediabilmente persa.
Lusso nei grandi saloni all'interno, ma è uno sfarzo fatiscente, di ideali in decadenza, di brindisi funerari alla vecchia Europa.
Sono uno dei primi servitori-lacchè che lavorano nel castello per i gerarchi, e mi aggiro tra gli spazi semibui, raramente illuminati a luce elettrica, eseguendo compiti vari al baluginio delle candele. Intorno a me sento qualche risata lontana, e parole in tedesco echeggiano tra le mura. Intravedo mentalmente la figura spettrale del Fuhrer intento a dare ordini da qualche parte nel maniero, uomo perso e vuoto, gli si legge ormai la morte in faccia.
Mi occupo dei preparativi di un concerto lirico che si svolgerà la sera in una sorta di salone-teatro, adorno di velluti rossi e cordoni dorati che rilucono debolmente tra le ombre più dense degli angoli del proscenio... andrà bene, a noi servitori di "alto grado",perchè durante il concerto potremo sederci tra i primi posti della platea, insieme ai gerarchi invitati con le loro famiglie...
Esco dal salone e mi avvio su per delle strette scale di pietra che conducono chissà dove. Da una grande finestra osservo fuori, silenzioso: la sera sta calando mentre comincia a nevicare...

lunedì 13 giugno 2011

Un sogno cospirazionista

per la serie delle masturbazioni oniriche fini a sé stesse, trascrivo un lungo sogno di qualche tempo fa. Riguarda alieni, fine del mondo, nuovo ordine mondiale etc. vi sono alcuni buchi nella narrazione dovuti a vuoti di memoria, e frammenti di sensazioni lontane che non è possibile descrivere se non attraverso fugaci sprazzi di visioni sensoriali tipiche dei meccanismi dei miei sogni. La scrittura è in “presa diretta”, fatta cioè appena sveglio. Quindi farà più schifo del normale.

“buona lettura”.


Molti prodigi nei giorni precedenti il grande Controllo: improvvise esplosioni invisibili nel cielo, miraggi lontani di città devastate da decine di atomiche, “allucinazioni energetiche” coinvolgenti i vivi e i morti.

Alla fine ti fanno credere di essere in guerra contro un nemico imprecisato, le cui armi mai prima di allora si erano viste.

Siamo nella grande stanza di un alto edificio di una grande città, dalle ampie vetrate delle pareti si vedono le strade e le costruzioni sotto di noi. È una bella giornata limpida e soleggiata, fuori. Con me ci sono i miei famigliari e intorno a noi, nell'ampia sala, altre persone e famiglie. Parlando con i miei parenti riguardo le strane deflagrazioni invisibili nel cielo che in quei giorni avvenivano in diverse parti del mondo, mi sovviene che queste potrebbero essere il frutto di tecnologie aliene: non faccio tempo a dirlo che siamo attaccati. Questo nemico ignoto ci attacca con armi dall'apparenza inquietante e pericolosa, ma pare non abbia intenzione (questa è una mia intuizione istintiva) di provocare morti tra noi civili. Si trattava di moduli volanti automatici dalla foggia strana, quasi come piccoli satelliti iper-tecnologici, in grado di assumere velocità incredibili emettendo stridii e ronzii acutissimi e potenti che avevano l'effetto di terrorizzarci ancora di più; questi sfondavano man mano le vetrate della stanza entrando per darci la caccia. Tra il fuggi fuggi generale perdo di vista la mia famiglia. Cerco allora di nascondermi e ripararmi dietro protezioni improvvisate (armadi,poltrone, sedie) ma alla fine noto che dall'altra parte della stanza qualcuno mette le mani dietro la testa come per arrendersi, e gli strani moduli si fermano all'improvviso, cessando le loro grida metalliche. Tutti i presenti nella stanza, me compreso, fanno la stessa cosa e l'attacco pare cessare. Nel disordine generale compaiono dei soldati in una divisa mai vista , i quali ci intimano di seguirli fuori dall'edificio. Dalla terrazza vedo che in altri edifici situati in altre zone della città sta avvenendo la stessa cosa. La popolazione viene così radunata man mano appena fuori dalla città, in un vasto spazio collinare con grandi prati verdi. Vi sono svariate migliaia di persone, e vari drappelli di quelle guardie dalla strana uniforme che tengono sott'occhio la situazione, per assicurarsi che nessuno fugga. In quel momento capisco cosa sta succedendo. Prima di annunciare l'effettivo arrivo degli alieni sulla terra, le autorità vogliono impiantare il chip di controllo a tutti i cittadini facenti parte del nuovo ordine mondiale. Mi guardo in giro: al di là dei prati, verso un bosco non troppo lontano, solo un paio di armati di guardia. Se riuscissi a evitarli e a inoltrarmi nella selva... (mi coglie la sensazione profonda della possibilità di un totale distacco dall'umanità e di un conseguente ritorno alla natura più selvaggia in tal caso; la fuga da una società puramente tecnocratica, in virtù di una non-esistenza arcaica...). Torno a pensare a un piano di fuga, quando in parte a un piccolo gruppo di persone scorgo un mio amico, vestito in modo piuttosto trasandato, pallido e con la barba sfatta; anche lui si accorge di me, io allora gli sorrido e indico prima la folla e poi il mio collo alla base della nuca (il chip veniva impiantato lì, in qualche modo lo sapevo). Il mio amico capisce a cosa alludo e mi raggiunge. Dopo un breve scambio di battute, gli chiedo se lo hanno “inchippato”. Lui risponde di sì, ma poi afferma di aver trovato il modo di rimuovere il chip e me lo spiega.
-vuoto di memoria-

sono in piedi con altre persone in una specie di capannone circolare. Sul perimetro di questo, tutti intorno a me, molti civili seduti, alcuni mi pare legati a delle sedie. Molti soldati in giro; uno di essi chiama per nome le persone sedute, alle quali evidentemente dovrà essere impiantato il chip nel collo. Quando uno dei civili si oppone e cerca di incitare tutti gli altri a una rivolta, il soldato con la lista dei nomi fa un cenno ed altri armati arrivano e bendano il tizio recalcitrante, iniettandoli qualcosa nel collo; questo immediatamente è ridotto ad uno stato di semi-lobotomia, e fissa il pavimento farfugliando tra sé.

-vuoto di memoria-

sono solo in una piccola fabbrica abbandonata su due piani, quello inferiore riservato ai macchinari, quello superiore a due piccoli uffici. Si sono accorti della mia fuga: in lontananza, all'esterno, comincio a udire i caratteristici rumori e ronzii acutissimi dei moduli volanti alieni che si stanno avvicinando; non mi capacito di come mi abbiano trovato, quando realizzo che nel pensare agli alieni i suoni all'esterno si fanno più forti, come se fossero in grado,i moduli, di localizzare la mia posizione tramite le mie onde cerebrali. Intuisco allora che in qualche modo devono essere riusciti ad inchipparmi, e toccandomi il collo ne ho la conferma: al tatto sento una cicatrice che prima non c'era. I suoni si fanno sempre più forti, ormai mi hanno trovato: corro su agli uffici della fabbrica in cerca di ciò che mi serve per espiantare il chip secondo le istruzioni datemi dal mio amico, ma trovo solo una forbice e un taglierino: con quest'ultimo riesco ad aprire la cicatrice e a rimuovere il chip (rimangono dei microcavi rossi e blu che spuntano dalla carne insieme al sangue). Sembra funzionare: da fuori i rumori cessano all'improvviso. Sento però che dal piano inferiore qualcuno sta salendo le scale... provo a spiare senza farmi vedere: sembra uno di quei soldati dall'uniforme strana, ma è diverso, in qualche modo: ha qualcosa che non va... nel salire, noto infatti che indossa un passamontagna blu, ma non vedo altro che due buchi neri dove ci sarebbero dovuti essere gli occhi. Inoltre è più basso rispetto a un comune soldato. Intuisco di cosa si tratta, e prima che raggiunga il mio piano lo colgo di sorpresa da sopra e gli infilo le forbici nel collo. Una violenta torsione e il soldato si accascia al suolo morto. Tolgo il suo passamontagna, e svelo la sua natura aliena. Riprendo a fuggire

-vuoto di memoria-

alcune scene di apocalisse urbana, edifici che crollano,guerriglia in strada, incendi. Io che salvo una mocciosa da un auto in fiamme.

-fine.

Testamento dell'Occidente

Nel cerchio interiore del regno calcareo delle
Immagini,
in quel punto sottile in cui l'occhio della coscienza, senza
perdersi
, dardeggia un fuoco estremo,
là dove il nervo abbandona infine il pensiero, che riposa
Dio sa in quali astrali stratificazioni,
giace la MORTE
come estremo sussulto
d'una conoscenza
piena di ipnotici deliri
ma SALDA

(A.Artaud)