venerdì 2 ottobre 2015

Cenni su la Turba Philosophorum

Recentemente mi è capitato tra le mani uno dei testi alchemici più interessanti tra quelli che abbia letto - o tentato di leggere, dato il genere. La TURBA PHILOSOPHORUM (Edizione di Parigi, dalla Bibliothèque des Philosophes Chimiques, 1741, in Introduzione alla Magia, Gruppo di Ur, Vol.II, Ed.Mediterranee) è infatti un'esposizione della scienza aurea non comunemente chiara chiara e illuminante per colui che abbia gli strumenti per leggerla. Il contenuto del libro si articola nel discorso tenuto da una fittizia assemblea di filosofi ed il linguaggio usato è, fatto strano per un testo del genere, pieno di improvvisi sprazzi di illuminazione simbolica, laddove si fa invece del tutto oscuro solo in alcuni punti, quasi però con l'intento di prendere per il culo il lettore:

IL VICARIO disse: Voi parlate assai oscuramente, e troppo. Ma io voglio indicare completamente la Materia, senza tanti discorsi oscuri. Io ve l’ordino, Figli della Dottrina: congelate l’Argento vivo. Di più cose, fatene due, tre, e di tre una. Uno con tre è quattro. 4, 3, 2, 1, da 4 a 3 vi è 1, da 3 a 4 vi è 1, dunque 1 e 1, 3 e 4. Da 3 a 1 vi è 2, da 2 a 3 vi è 1 da 3 a 2, 1 – 1, 2, 3 a 1, 2 di 2 e 1, 1. Da 1 a 2, 1, dunque 1. Vi ho detto tutto.

Per il resto, l'asse centrale del discorso è costituito dallo svolgersi del processo di trasmutazione interiore  Nero - Bianco - Rosso , spiegato a più riprese tramite i diversi termini della tradizione alchemica. Sempre ricorre l'avvertimento al lettore di non farsi sviare da questa apparente eterogeneità formale:

[...] Intendimi, lascia queste Erbe, queste Pietre, questi Metalli e queste specie estranee, e prega Dio con tutto il cuore che ti faccia essere dei nostri.

Mentre la natura operativa dei procedimenti ermetici è svelata da simbolismi (quasi) mai troppo soffocanti:

[...] Considerate dunque le parole dei Sapienti, e come essi abbiano racchiusa tutta l’Opera in queste parole, dicendo: la Natura gode della Natura, la Natura domina la Natura e la Natura contiene la Natura. In tali parole è compresa tutta l’Opera: perciò abbandonate tante cose superflue, prendete l’Acqua vivente e congelatela nel suo Corpo e nel suo Solfo incombustibile – (Il Solfo incombustibile è il principio Oro preparato così che esso sia fisso, che non «avvampi» e nemmeno sfugga l’Acqua nell’operazione), fate bianca la natura e così tutto diverrà bianco. Cuocendo ancor di più, sorgerà il rosso, l’Acqua del Mare diverrà color sangue – segno, questo, del tempo di Dio, segno finale del Suo avvento, di Lui che viene per glorificare i buoni. Ma, prima, il Sole perderà la sua Luce e la Luna assumerà la funzione del Sole; poi la stessa Luna si ottenebrerà e si convertirà in sangue, e Mare e Terra si apriranno, e i corpi che erano morti sorgeranno dalle tombe e saranno glorificati, e avranno un volto più glorioso e splendente di mille Soli. E il Corpo, lo Spirito e l’Anima saranno glorificati in unità, e renderanno grazie a Dio perché, dopo tanti tormenti, pene e tribolazioni, sono giunti a un tale bene e ad una tale perfezione, da non esser più soggetti a separazione né a corruzione. Se voi non mi capite, non studiate più e non cercate di mischiarvi a noi poiché siete fuori del numero dei Sapienti. Io non potrei parlare più chiaramente [...].

Credo che la TURBA PHILOSOPHORUM sia un curioso e utile testo per l'alchimista contemporaneo.
Gli esempi si sprecano, tanto che non ne aggiungo altri; lascio all'eventuale lettore ulteriori considerazioni a proposito.

Lo si può trovare qui:
 http://mikeplato.myblog.it/2015/08/13/turba-philosophorum/

domenica 20 settembre 2015

Breve nota all'"Introduzione alla Magia" del Gruppo di Ur, vol I & II


“[...] ma in Occidente si fa gioco di maschera: una maschera compare e scompare: brivido entusiasmo - <<è un genio>> - vu connu enterré: e tira via: e di grado in grado l'Occidente si sprofonda. Pensate al valore della cosa, dell'oggetto: che vale ora una cosa? Nulla. Una secchia, un libro, una statua, una casa, una città, il mondo: che vale? Nulla. Che è partorire? Nulla. Che è morire? Nulla. Che è pensare? Nulla. L'uomo ora ruba la vita: se la caccia in tasca, la palpa impaurito: gli sfugge. Ecco. Vive per nulla, muore per nulla. Non c'è senso. Gioca con gli spettri: epoca lemùrica: individuo, umanità, società, famiglia, scienza. Ciò non esiste. Ciò è fuori della Tradizione: la Tradizione ignora gli spettri.”

La sensazione immediata nella lettura è quel sedersi nel proprio
asana, per annientare la mente nello splendore terribile di ʘ, evocando i bagliori uranici, metallici della via secca che il gruppo di Ur persegue.

Questi testi, la cui luminosità è indubbia, peccano solo di una giustificabile mancanza di circolarità nella ricerca del potere- conoscenza, ovvero il tralasciare quasi completamente la componente oscura – seppur tradizionalmente ben presente – di tale ricerca. Il che, come ci si accorgerà subito nella lettura, è ben lungi dall'imbecille vagheggiare nei confronti di certe benigne “Luci” di impronta salvifica e comunque sempre cristiana, tipico di certa parte del degenerato spiritualismo contemporaneo. Qui si tratta della solarità inumana di una reale iniziazione ancestrale – l'alchimia quale scienza aurea nel suo significato più puro. La prospettiva, o meglio l'asse, è quella della millenaria tradizione iniziatica ariana dell'occidente, che va a sfociare successivamente nelle sue declinazioni italiche, in primis la tradizione latina e la ricerca alchemica – a mio avviso essendo comunque, quest'ultima, una sorta di degenerazione concettuale della primitiva chiarezza spirituale.
 Introduzione alla Magia è un testo in grado di donare impareggiabili tesori di conoscenza segreta, sia “teorica” che pratica, laddove per “teoria” si intenda quella conoscenza che non si ha ma si è, tesori che si svelano gradualmente al solo praticante sincero, rimanendo invece per forza di cose oscuri o incomprensibili al semplice lettore occasionale o a chi non abbia una sufficiente preparazione “alchemica”...

domenica 23 agosto 2015

Una considerazione sull'uso dell'immaginazione (Magica)


Nel pensiero razionale, analitico e linguistico, per quanto complesso, non esiste vera plasticità; esso è uno dei più morti tra i possibili meccanismi della mente, sebbene permetta la creazione di labirintici concatenamenti concettuali, basati fondamentalmente, a mio avviso,sulla continua scomposizione e dissezione della realtà – o meglio, dei nomi che sono assegnati alle parti della realtà; si tratta in fondo di un passaggio ulteriore, eccessivo e fine a sé stesso, della materializzazione del tessuto di cui è composto il reale, della caduta dei suoi elementi sempre più in basso nella sfera del troppo-umano. Una conseguenza della democratizzazione dell'istruzione, oggi portata anche a livelli che si definirebbero “accademici” (cani e porci che affollano i corsi universitari, professori compresi) è questa Babele di stupidità e mediocrità blaterante che è il pensiero odierno delle masse “finalmente” alfabetizzate; la mancanza di senso critico, l'incapacità di andare oltre qualsiasi cosa, in primis della forma, se non nel solo senso deleterio e distruttivo del termine...
Indicibilmente lontano da tutto ciò stanno l'immaginazione magica e la sua chiave, il simbolo.
Il simbolo – se adeguatamente utilizzato - ha la funzione di dischiudere la fonte inesauribile dell'immaginazione superiore, portata al di là della dispersione surrealista dell'accostamento casuale e della mancanza di controllo del sogno. Lo stato di visione generato dall'unicità del simbolo si struttura su livelli più o meno indipendenti dalla mente conscia, utilizzabili come cancelli d'accesso alla visione più pura, tramite un atto di Volontà; la bontà dell'esperienza, che essendo di natura magica non sarà di natura semplicemente passiva alla quale si assiste inerti, sarà tanto più elevata quanto più ci si riuscirà a slegare dal meccanismo razionale e analitico descritto all'inizio. La funzione di controllo sull'esperienza visionaria, che ai suoi massimi livelli prevede l'entrata dell'operatore in mondi – stati di coscienza – differenti, è assunta qui dalla Volontà magica, che tramite diversi espedienti (parole di potere, simboli, azioni rituali) rafforza la coscienza del mago permettendogli di esprimere appieno la sua Volontà stessa.
Anche se tutto ciò può sembrare piuttosto delirante, bisogna saper notare come il funzionamento della mente (della totalità dell'essere) in Malkuth (la vita “terrena”) non si discosti di molto da quello esposto, anche nelle situazioni quotidiane nelle quali è massimamente attivo il pensiero analitico-linguistico: controllare la realtà della propria mente significa andare oltre le apparenze del Mondo per giungere a una sua più completa “visione”, e per permetterci di controllarne i diversi aspetti che influenzano la nostra vita, attraverso diversi trucchi, come ad esempio la lettura di un libro. Questa, a mio avviso, è già una sorta di Iniziazione.

mercoledì 20 maggio 2015

Doxa II : ricercare l'esperienza formativa, che garantisca un futuro nel campo del


O discepolo!
Se la cerchi, soffrirai;
se la trovi, nascondila;
se te ne servi, nessuno lo sappia.
Il vero filosofo
deve rimanere ignoto.


Vivo del disinteresse di matrice cosmica e della disintegrazione di ogni supponenza intelettuale, rimanendo ancorato alla vita, nella sua accecante luce vibrante di cruda tenerezza; nella negazione assoluta di quel che oggi è dato come indubitabile ai limitati sensi delle masse.
Queste pretese di "realtà oggettiva" nei confronti di tutto, e ridicolmente soprattutto di ciò che è proprio allo spirito, e che hanno portato alla disumanizzazione, all'ineluttabile meccanizzazione dell'uomo - Kali Yuga - queste pretese connaturate al mondo psichico odierno, volto esclusivamente all'esterno del sé, alla ricerca spasmodica dell' "esperienza"  e della "novità" fine a sé stessa, sono gli squallidi riflessi di una civiltà morente di una vecchiaia demente, il ritorno postumo ad una infanzia cadaverica.
Questo approccio "esteriore" è proprio ciò che non permette la comprensione di quello che deridete e temete.
L'ultimo - forse eterno - gesto eroico è la capacità del totale dimenticarsi, attraversare l'abisso, scagliarsi con la lenta fermezza della marea crescente al di là dei propri residui identitari, per risorgervi radiosi, nel riso scheletrico della Volontà profonda oltre le banali concrezioni dell'Io, nel sublime mutismo del desiderio incarnatosi.
Ma quanta forza, noncuranza e corrosiva ironia portate all'estemo prima di tutto questo?
L'infanzia fisica non è che l'immagine di numerose infanzie che si succedono nella storia dello spirito sulla via dell'iniziazione; la risata del folle si perde nell'invocazione del mago mentre secoli di sogni si succedono precipitando nella notte. [immagine : V.Hugo, pianeta Saturno , 1850 ca]

giovedì 16 aprile 2015

Le Orobie: narrazioni paurose

Antiche paure alpine bruciano ancora come braci stanche di fuochi estinti – i loro imprevedibili bagliori sfavillano sempre nel buio delle fresche notti rurali.
Si diffondono capillarmente nel gioco di mille varianti lungo le vie dimenticate delle contrade abbandonate*, attraversando le valli più cupe, dove l'impenetrabile silenzio invernale è rotto solo dal pigro gocciolio dei magri rivi pronti a infuriarsi alla prima pioggia...
Storie e fatti che, raccontati dalla viva voce di chi ancora le aveva vissute, sono come relitti affioranti da abissi psichici primordiali e quasi impenetrabili; una chiave per una loro nuova assimilazione sta nel legame col territorio nel quale esse radicano da secoli. Sono le nostre montagne, picchi rocciosi slanciati in cristalline lontananze fuori dal tempo, ma anche bűs e pallidi abissi vertiginosi, fessure che come improvvise ferite si aprono lungo le pieghe più recondite dei pendii.
Storie antiche, si muovono nelle frivole brezze dei giorni di marzo, libere braci nei venti, prendendo forma nell'animo non appena l'ombra della notte si scolpisce nel crepuscolo. Paure che sorgono ancora dagli eterni simboli universali. Nell'animo ne ritrovo un vivo ricordo che forse non c'è mai stato, la loro infanzia segreta.
Ecco allora di nuovo creste e faggete, dirupi e ruderi di baite, le solitudini dell'alpeggio e la stalla viva nella notte di san Silvestro, il fondo più buio della valle. Il segreto di rendere un mondo vivo è pensarlo e crederlo vivo: questo sentimento si palesa già, spesso, dai nomi popolari dei luoghi. Valli Scure o Fosche, distanti decine di chilometri ma omonime, si popolano delle medesime paurose creature – morti, chimere, streghe,
folècc ; buchi e cavità sperduti sui versanti solitari dei monti divengono antri diurni di mostri o bande di banditi.


Qui di seguito una piccolissima selezione orobica di luoghi che conservano in sé un senso che va oltre quello della sensazione o del “leggendario” da turista medio. In realtà, basta uscire appena di casa per trovare questi affascinanti intarsi di narrazioni senza tempo – basta saper dove e come cercare....
-
Valle Bellbier / Fosca, Poscante di Zogno: streghe
-Massiccio della Presolana : mostri, la
Cavra Besula; nani e molto altro
-Val Fosca di Torre dè Busi: mostri, morti.
-Monte Alino e zona Vaccaro, Parre: i cagnì di Altrech e la caccia morta (questa ovunque o quasi nelle Alpi); morti e spettri.
-Grotta dei laghetti, Sorisole: antro di un mostro alato simile a un drago, custode di tesori. Il suo altro luogo d'elezione è la Corna Rossa di Zogno.
-Valmarina di Ponteranica, località
Gnomi: si sussurra che fosse luogo di innominabili rituali pagani.
-Gli sfondrach della Val Vertova: folècc e omì.



*l'abbandono consiste anche nel rinnovo e ripopolamento di tali contrade slegati dalle loro funzioni tradizionali.

domenica 22 febbraio 2015

Sigilli e scrittura

Un sigillo, generalmente, di qualsiasi tipo esso sia, porta in sé diverse interpretazioni funzionali. Prendendo come esempio un sigillo nella sua forma più comunemente riconosciuta - il glifo - si possono avere, tra le varie possibilità da me conosciute per ora:
- sigillo come mezzo grafico astrale utile alla realizzazione della propria volontà direzionata in un desiderio (l'esempio è il metodo della sigillazione di A.O.Spare)
- sigillo come  mezzo di conoscenza in sé ottenuta per mezzo della meditazione sulla sua semplice propria forma grafica e corrispondenze relative (es. molte rune, i Tattva, l'Occhio e la Mano...)
- sigillo come varco astrale in grado di proiettare la coscienza dell'operatore nel piano - o entità - che questo rappresenta (es. tutti i glifi di entità, intelligenze, etc).
Il sigillo si configura come un incanalatore di energie universali sottili e indifferenziate, che si caratterizzano attraverso la sostanza e la forma del sigillo stesso e vengono soggettivamente ri-attivate e vissute dall'utilizzatore.
In questo senso è possibile collocare tra i sigilli dei più diversi tipi, a mio avviso, anche la scrittura che compone le opere letterarie inerenti all'esoterismo, a patto che queste siano frutto del lavoro di veri e propri iniziati - in caso contrario, il praticante che si accinge alla lettura di opere di scarsa qualità sarà assai facilitato nel discernere tra le vaire forme del ridicolo dalle quali questo ambito letterario è invaso.
Questo è uno dei segreti della natura elitaria della Magia.
Chi praticando avrà sottomano i più diversi testi dalla provata affidabilità, antichi o moderni, inerenti al proprio percorso, si accorgerà forse che il loro comportamento non differisce molto da quello proprio dei sigilli materializzati sotto altre forme: le frasi che compongono queste opere, spesso ermetiche a una prima lettura, rivelano significati e immagini nascoste una volta che sono trascorsi tempo ed esperienza; quello che inizialmente appariva come assurdità priva di senso può trasformarsi in guida e suggerimenti di cui tener conto. Ciò non significa che gli autori vadano volontariamente ad occultare la loro sintassi sotto coltri simboliche per nascondere al profano cose che egli potrebbe comunque comprendere qualora fossero espresse in un linguaggio più semplice; si tratta piuttosto, secondo me, di una compenetrazione tra una scrittura che racchiude in forme più o meno efficaci delle verità essenziali e la struttura esistenziale del lettore, che lungo il suo percorso va ad interiorizzare in senso sovra-razionale i contenuti della sua lettura, modificandosi di conseguenza.
Nell'apparente immobilità della parola scritta si cela quindi, talvolta, la vibrante energia delle potenze cosmiche, che può essere colta e fatta crescere nell'esperienza individuale del praticante.

lunedì 19 gennaio 2015

Chimere

Il lato oscuro dell'albero della conoscenza presenta tradizionalmente percorsi, tunnel, sentieri di difficile percorrenza dal punto di vista esistenziale. Le tremende forze del caos sono per loro stessa natura quasi inafferrabili, frammenti di potere lucidi come specchi neri, assolutamente presenti ma inumani, su un diverso piano rispetto al nostro. Addentrandosi in questi tunnel si può facilmente comprendere il senso originario delle forze ctonie, l'aggregarsi di vibrazioni primordiali al di là della natura. L'errore fondamentale del "curioso" di oggi è il tentare di afferrarle attraverso schemi conoscitivi moderni: i disturbi mentali che ne possono conseguire sono in tal caso del tutto giustificabili. Per comprendere il Caos, ancora una volta, bisogna accoglierlo in sé.
Demoni, forze sotterranee, divinità oscure, manifestano configurazioni psichiche dell'elementare, ben oltre il limite del linguaggio, nate dal caos dei primordi, e il loro potere è grande in quanto scaturente dall'indifferenziato.
Le loro forme bizzarre dai tratti ferini, spesso fortemente connotate sessualmente, le loro maschere antropomorfe dall'apparenza posticcia, sono tutte emanazioni visibili di un'unità chimerica fondamentale - come tentacoli informi di un polpo mostruoso che striscia negli abissi del cosmo.
Mentre le forme della Luce si cristallizzano in un'eternità quasi crudele, le ombre liquide del sentiero sinistro accolgono nel fioco baluginare del loro ventre la sostanza dell'infinito.
(immagine di T.Ketola, dalla Tabula Obscura)