martedì 11 marzo 2014

Dispersione & Disgregazione (D&D)

 L'uomo contemporaneo annega sempre più nel caos della conformazione frammentaria e senza più alcun centro del suo Io. Questa è purtroppo una condizione ormai generale e incontrovertibile: la massa democratica, la cui matrice è l'indifferenziato, ha assorbito praticamente ogni struttura sociale utile a fare dell'uomo un essere che faccia della spiritualità il proprio centro fondante.
Questo sistema si autoalimenta in virtù della sua essenza basata sulla quantità, che schiaccia e livella ogni divergenza. Questo è il motore del mito moderno della personalità individualistica: una mascherata di fasulle diversità di manifestazioni identitarie, poggianti tutte sull'equilbrio precario dell'assenza di senso e di scopo.
All'interno di questo marasma demente, chi vive in seno all'estraneità rispetto alla massa e all'introversione può trarre qualche "vantaggio" dal punto di vista del processo di disgregazione identitaria, sempre che si sia in grado di affrontare tale processo senza rimanerne vittima. L'assimilazione di modelli culturali già orientati in tal senso - nell'arte e nella filosofia in primis - in età almeno adolescenziale può essere con tutta probabilità un fattore di grande utilità nella costruzione di questa consapevolezza, così come l'uso disgregante della sessualità, o di "sostanze tossiche" al di là del loro infantile aspetto ricreativo. E' sempre imprescindibile il senso inafferrabile ma costante dell'essere una forza vivente e consapevole, il sentimento (castrato dalla società) di vicinanza all'assoluto che conduce quasi inevitabilmente, in assenza di riferimenti solidi, a situazioni esistenziali di malessere e disagio. Con questo voglio dire che un discorso del genere non vale per coloro che, animati dalla falsa vivacità spirituale di uno sviluppo intellettuale tardivo, mass-mediatico, si vedano come eroi della dissidenza - leggasi "giovani intellettualoidi alternativi", o involucri animati senza spina dorsale; ciò che scrivo non può essere semplicemente compreso da una prospettiva teorica.
In quest'ottica, la distruzione di quel che rimane della propria traballante identità diviene individualmente vitale, per non soccombere alla forzosa mediocrità della propria manifestazione inevitabilmente incatenata al sociale odierno, e al malessere conseguente. Del resto, sinceramente, non  c'è nulla da perdere che già non diventerà polvere in un futuro più o meno lontano.

CENNI SULLA DISINTEGRAZIONE:
-Comprensione reale dell'alterità tra la propria essenza silenziosa e il proprio Io linguistico, razionale. Questa è una delle conseguenze della distruzione della mente discorsiva. Può sembrare un'acquisizione scontata, oggettivamente parlando, ma non lo è per nulla soggettivamente, grazie all'esperienza diretta della cosa.
-Distruzione delle immagini mentali supeficiali, così da permettere l'affioramento delle impressioni profonde.
-Distruzione della dimensione temporale.

Queste sono alcune delle possibilità offerte dalla pratica. Il gioco è sottilmente pericoloso: non ci si deve infatti permettere una postuma espansione dell'ego data dalle "nuove" esperienze. Quel che rimane dell'Io dovrebbe essere il fattore di controllo, equilibrante, la Volontà sola dinanzi alla Realtà terrificante (avvicinabile alla Cosa lacaniana). Confrontando il comune stato di frammentazione dispersiva descritto all'inizio con questi risultati, si potrà assistere poi a un fenomeno di frammentazione controllata dell'identità: ogni parte identitaria (ad esempio la sessualità) diviene come il pezzo di un puzzle che può essere momentaneamente isolato e direzionato a volontà, non essendone più schiavi.