lunedì 26 dicembre 2011

Analisi

1
un tempo sentivo l'odore del bosco in modo molto diverso. e il sapore del sangue nel freddo imminente dell'inverno, la rivolta giovanile contro la vita, votata alla morte velata dei suoi aspetti più sotterranei.
è passata una bella epoca. la coesistenza con il nulla mi assillava già da tempo... e con essa, il problema del fallo, contrastato dalla ricerca delle lacerazioni immediate del dolore genuino, quello che derivava dalla Lotta.
un rapporto mutato con la mia intelligenza, e forse il progressivo stagnarsi metabolico della mia sensibilità, oltraggiata sicuramente da anni di abusi, hanno sfaldato poi questo stato di cose, come un ciocco di legno sul fuoco che annerisce e si indurisce prima della disgregazione nella cenere.
l'altro giorno in università, preso dai miei pensieri, arrivando in bagno e vedendomi all'improvviso riflesso allo specchio mi sono reso conto di avere anche un corpo. io credo che la dissociazione da me stesso sia un processo legato al mutare delle età.  detesto chi non ha superato la visione materialistica del corpo come chi l'ha superata, in modo più frequentemente fallace. osservare il proprio organismo quale macchina: una masturbazione egoica contraddittoria ma utile se condotta con una certa capacità di non temere sé stessi.
mi ritrovo sull'orlo degli anni ormai passati e in procinto di essere dimenticati, e sento la necessità di arginarmi prima della caduta.

2
ricordo i primi contatti con l'assurdo, poco meno che adolescente, sempre in seno a un esercizio spirituale che faceva della depersonalizzazione il suo metodo più o meno conscio. notti lucide e ormonali, influenzato dalle qualità stranianti della Natura e delle manifestazioni umane. ho sempre letto molto, e di conseguenza tendevo sempre a rivestire il reale di tessuti immaginari. questa è una cosa imprescindibile: l'interpretazione delle cose è marchiata immancabilmente e profondamente dalla propria psicologia. per questo, non credo di essere mai stato grossolano a causa di moti effettivamente originati da una mia volontà. mi è sempre stato connaturato l'istinto di imitazione. il momento determinante, che vivo tutt'ora, è il rendersi conto di come e quanto questo meccanismo agisca nella mia personalità. per me è questo il reale fondo del detto "l'uomo è un animale sociale"...  anche ciò che sto scrivendo in questo momento non è che il risultato di tutto ciò.

3
mi si pone davanti fondamentalmente quella che per la maggior parte dei miei contemporanei non è altro che la possibilità di rimandare sè stessi continuamente a data da destinarsi: la scelta della consapevolezza. è un processo perpetuo, dal quale non ci si può sottrarre. il mio senso dell'abuso di ogni cosa non è contrario ad esso, ma una scappatoia sicura dalla noia. chiariamo che la "consapevolezza" non è una sostanza cognitiva, ma qualcosa che scivola melmosa al di sotto della superficie mentale, percepibile ma raramente afferrabile, un sentimento di mancanza continuo, che si tinge di vari colori a seconda delle situazioni esistenziali (anche negli stati onirici). mi sto raffreddando ed inaridendo via via che avverto il progressivo distacco tra la consapevolezza e le altre parti del mio essere. questo stato di cose non corrisponde a una maggiore lucidità, ma anzi all'opposto, in quanto è il mio "io" ad allontanarsi da essa, come se "io" e "consapevolezza" fossero due enti tra loro sempre più indipendenti e distanti. ed ecco che forse ho svelato anche il segreto della mia temporalità...

4 ai non-lettori
mi rendo conto di scrivere in modo ripetitivo e colloso (e con una punta di saccenza) di cose soggettive e incomprensibili ai più. un giorno, forse, avrò voglia di esplicitarmi meglio a riguardo. purtroppo ho perso il linguaggio da qualche parte, qualche anno fa. il fatto è che tendo a non ingrassarmi di concetti, fisiologicamente: assimilo poco, e il resto finisce nel cesso.

http://www.youtube.com/watch?v=3QoWdrY7zQg