martedì 28 agosto 2018

Una ascesa al Canto Alto di 120 anni fa

Chi mi conosce, per sua disgrazia, sa quanto mi sia caro lo smarrirsi consapevole nelle memorie morenti delle nostre Prealpi Orobiche, il divenirne cercatori, esploratori delle lontananze, dei silenziosi anfratti dove sempre vi è traccia antica, per chi la sa osservare; e non smetterò di affermare la nostra incompresa fortuna, quella di possedere sul territorio una potente rete di rimandi ad una cultura di giganti, quella rurale dei nostri vecchi, in procinto di chiudersi, vittima di sé stessa, come accade ad ogni ciclo di civiltà. Sul nulla che ci attende preferisco non dilungarmi.
Sapete anche del mio grande amore per la sentinella dei bergamaschi, il  Canto Alto detto anche Pizzidente ( http://umorismodaforca.blogspot.com/2013/04/canto-alto-notte-daprile.html ) ; esploratolo in lungo e in largo, ma mai abbastanza, il rileggere di luoghi che posso percorrere attraverso la memoria dell'esperienza diretta, nonostante la narrazione in questione si situi in un contesto temporale remoto (almeno nei termini della temporalità odierna), è qualcosa che non posso non condividere con i Followers of the High Peak (or High Mountain). Così come anche questo pezzo: https://www.youtube.com/watch?v=PcLW-0YZavI
Detto fatto: Alessandro Alebardi, uomo di ambiente ecclesiastico, descrive la salita al Canto dalla Cà del Lacc di Ponteranica Alta, nel 1898: credo che per i conoscitori si possa trattare di un piccolo resoconto gustoso.
Notare che la grande affinità dell'itinerario con quello odierno è resa possibile solo grazie al fatto che la zona è sotto la legislazione del Parco dei Colli; ma questa è un'altra complessa questione dai diversi risvolti.

[testo tratto da "Alessandro Alebardi, Sulle Prealpi Bergamasche, tip. Fagnani e Galeazzi, Bergamo, 1898.
vi si trovano interessanti descrizioni anche riguardo il Misma, il Podona, il Pertus, il Formico; https://archive.org/stream/sulleprealpiberg00aleb/sulleprealpiberg00aleb_djvu.txt ]



 
 Al Canto Alto (m. 1146) dal quale si ha 
magnifica ed estesa vista, tanto sulla pianura, 
che sui monti a tramontana, si può salire da 
Sorisole e dal Colle della Maresana. 

Da Sorisole, un sentiero mulattiero, però 
molto ripido, porta fino alla Cascina del Canto 
Alto (m. 939), dalla quale rimane poi a sa¬ 
lire il pascolo per giungere alla vetta (m. 1146). 

La salita da Sorisole ha però due incon¬ 
venienti : il primo, quello di doversi portare 
fino al paese, da Bergamo, e sono otto chi¬ 
lometri di strada piana (parlo per quelli, cui 
scopo della gita è muovere le gambe, non 
farsi portare in carrozza); poi, quello del 
sentiero, molto erto e che, attaccato alla roccia 
brulla ed esposto al sole di mattina e mez¬ 
zogiorno, riesce pesante per il calore, che si 
riceve dal sole, da una parte, e pel riverbero 
della roccia, dall’altra. A meno di salirlo di 
buon mattino, non è da consigliare, molto più 
che, arrivati alla Cascina, c’ è poi da salire 
tutta la punta a pascolo ed a pendenza assai 
pronunciata. 

Più bella e dilettevole ed assai comoda è 
la strada della Maresana, per molto tratto 
ombreggiata e che, mentre quella di Sorisole 
non ha che la vista di una valle, questa, di 
mano in mano che prosegue, ha variatissime 
vedute, prima sulla Valle Seriana, sulla pia¬ 
nura e sulla Valle di Sorisole, poi sulla val¬ 
letta di Olera, ed infine, arrivati all’altipiano 
della Braghizia (Braghessa), sulla bella valle 
di Poscante e lungo la Valle Brembana. 

Della strada di Sorisole, quando si è detto 
che parte dal paese e va al Canto Alto, è 
detto tutto, non essendovi altro sentiero che 
possa far sbagliare: di quella della Maresana 
è ben diversamente, essendovi molti sentieri 
e facilità di fuorviarsi in mezzo a tutte le 
colline che si devono girare. Però m’ inge¬ 
gnerò segnare il sentiero il più minutamente 
possibile, a rischio di noiose ripetizioni, per¬ 
chè ognuno, che voglia fare questa bellissima 
salita, non abbia a perdere tempo in andiri¬ 
vieni, chè in montagna, riesce più noioso ri¬ 
tornare sui proprii passi per aver sbagliato 
un sentiero, che fare doppia strada diretta e 
profittevole al proprio scopo. 

Saliamo dunque alla Maresana, sia seguendo
la strada della Zarda, sia direttamente lungo 
la Tremana e su pel Costone. 

Dalla chiesina della Maresana (m. 545) 
dobbiamo salire a quel roccolo lungo, che si 
vede sul colle verso mattina. Dalla chiesina, 
perciò, pigliamo a destra, verso mattina, ra¬ 
sentando il roccolo lì vicino. Poco avanti sono 
due sentieri, appena segnati però da specie 
di careggiate : 1’ uno più alto, l’altro più basso. 
Questo ultimo va a finire a quella casetta, 
che si vede giù basso nella rientranza del 
colle; da questa ad altra più avanti e risale 
infine, da una parte al piano del colle, e va, 
dall’altro, alle case del Castello, che sono ap¬ 
punto quelle case, che si vedono in gruppo 
sopra il promontorio alla nostra tramontana. 

L’altro sentiero, che tiene più alto, è quello 
da seguire, e va a terminare precisamente al 
roccolo lungo, in cima del colle, che abbiamo 
veduto a mattina appena allontanati di poco 
dalla chiesina della Maresana. 

Dove finisce il roccolo c’ è anche la così 
detta Tribulina dei Morti del 1630 (m. 679). 
Dietro la Tribulina c’ è il sentiero, sul ver¬ 
sante di mattina del colle, sempre piano, che 
mena alla Cà del lacc. Non si può sbagliare 
neppure volendo perchè il sentiero è uno solo. 

Prima di arrivare alla Cà del lacc, se si 
guarda un po’ più basso e più indietro della 
palazzina, si vede una roccia nera. Lì c’è un 
lontanino di acqua eccellente, al quale si 
discende per un sentieruolo, che parte dalla 
destra della Cà del lacc vicino al muro di 
cinta della casa, e dista meno di cinque mi¬ 
nuti. 

Se non si è provveduto acqua alla Chie- 
sina della Maresana, dove c’ è un pozzo di 
acqua piovana buonissima, di cui ora tiene 
la chiave il così detto Romito della Chiesa, 
qui è il luogo opportuno per provvedersene 
di eccellente, giacché, dopo, fino alla Bra- 
ghizia non se ne trova altra. 

Lo spuntino, dopo un bocconcino alla Ma¬ 
resana, è meglio farlo più avanti al roccolo 
dei quattro sentieri. 

Giunti, dunque, alla Cà del lacc , bella pa¬ 
lazzina con avanti un roccolo ed un minu¬ 
scolo laghetto fatto d’acqua piovana (m. 691) 
si prende la stradetta a sinistra del muro di 
cinta della casa, in piccola ascesa, che, poi, 
divenuta subito sentiero appena salita un po’ 
di roccia e continua a sinistra del colle Su- 
lino passando vicino ad un roccolo, fin che 
sbocca in un piccolo ripiano (m. 763), dal 
quale si vede, abbasso, a sinistra, tutto di¬ 
steso il paese di Sorisole. 

Qui vi sono due sentieri: l’uno che va 
avanti diritto: l’altro, che tende a sinistra e 
gira tutto il colle Luorida. E’ questo di si¬ 
nistra che si deve prendere. 

Poco più avanti il sentiero biforcasi di 
nuovo: l’uno scende a sinistra verso Sorisole: 
l’altro va diritto. Si continua con quest’ ultimo, 
che tende a salire a destra. Lungo tutto 
questo sentiero si ha sempre in vista, alla 
nostra sinistra, il paese di Sorisole. 

Girato il colle, si riesce sopra una piccola 
sella (m. 764) dalla quale, mentre si perde 
di vista Sorisole, si vede invece, a destra, la 
valle di Olera. Qui si imbocca subito il sen¬ 
tiero che va diritto sulla destra del colle e 
verso la Valle di Olera. Fatti pochi passi, si 
trovano due pozze, nelle quali si ferma l’acqua 
piovana e, poco più avanti, comparisce, giù 
a destra, nella valle, il paesello di Olera. Il 
sentiero continua finché giunge al punto ove 
sono due roccoli, 1’ uno a sinistra del sentiero, 
l’altro in salita, continuazione del primo: c'è 
anche una cisterna, che però ora non serve. 

Qui vi sono quattro sentieri. 

Il primo, a destra, che scende al paesello 
di Olera. 

Il secondo, che continua sul fianco destro 
del colle e si vede, in distanza passare, gi¬ 
rando a destra, sotto alcune roccie, nelle quali 
appare una buca (la grotta di Paci Padana ), 
mena alla sella, dalla quale si può scendere 
dall’altra parte a Poscante, ovvero, tenendo 
la costa di mezzogiorno del Monte Cavallo, 
andare a Monte di Nese. 

Il terzo, continuazione, verso il versante 
di sera, di quello pel quale siamo venuti, 
gira indietro dall’altra parte del colle e ri¬ 
torna a Sorisole. 
Il quarto, quello da seguire, sale in mezzo 
alla continuazione del roccolo, poi, in mezzo a 
roccie. ad altro roccolo, che si attraversa 
passando a sinistra del casello. 

Oltrepassato il roccolo, il sentiero gira il 
collino sul suo fianco destro. Dall’altra parte 
di questo collino, quasi in cima, c’è una ca¬ 
setta, e vicino a questa una piccola sorgente. 

Il sentiero, da qui, continua salendo fino 
ad una piccola sella, poi ad un’altra e, gi¬ 
rando ancora a destra il collino, riesce ad 
una terza piccola sella. Notisi che, in tutta 
la lunghezza del sentiero delle selle, si vede 
sempre, a sinistra, di là della valle, il sentiero 
che da Sorisole, lungo il fianco del monte 
brullo, sale al Canto Alto. 

Arrivati all’ultima sella, ci sarebbe un sen¬ 
tiero, che, scendendo a sinistra e rasentando 
tutte le roccie a picco del Canto Alto, mena 
ai piedi del prato, dal quale si sale poi alla 
cascina e quindi alla cima del monte : ma è 
poco praticabile prima di tutto, poi, terminando 
in fondo al prato, lascia assai più salita da 
fare, di quella che abbisogni tenendo il sen¬ 
tiero del costone, che è quello che stiamo se¬ 
guendo. 

Saliamo, adunque, per le roccie lungo il 
fianco del monte, ed in poco tempo arriviamo 
alla sella, sulla quale alla nostra sinistra, si 
trova un bellissimo sentiero piano, che ci mena 
alla Cascina Braghizia (Braghessa) m. 1032. 
Questa casetta ha una cisterna buonissima. 

Dalla Braghizia al Canto Alto non occor¬ 
rono più di venti minuti, lasciando quel sen¬ 
tiero che, rasentando una piccola siepe, si 
vede che va a girare il monte, e salendo in¬ 
vece direttamente la costa. 

Per quanto si stia sul ciglio della costa e 
si veda alla nostra sinistra le roccie del monte 
scendere a picco, non c’è però alcun pericolo, 
chè, volendo, si può anche tenersi alquanto 
più basso nel versante di destra. 

Così si sale alla punta (m. 1146) la quale 
ha un circuito piano di una trentina di metri, 
e da dove la vista può spaziare tutt’ intorno 
non arrestata da alcun altro monte vicino più 
alto, essendo questo affatto isolato.

giovedì 9 agosto 2018

Sulla presunta "Madonna Nera" di Scasletto



Scasletto (Valtorta, BG) è una piccola contrada alpina preservata ancora, ad oggi, dall'arrivo della strada e nonostante ciò ancora presumibilmente abitata, almeno saltuariamente - questo è ciò che abbiamo potuto dedurre dalla nostra ultima recente visita, in piena estate. Il fascino di questo grumo di vecchie case di pietra, addossate alla costa del monte, è quello della lontananza irrimediabile di un tempo vicino ma perduto, del suono della fontana ai margini del bosco, acqua che scorre ormai inascoltata nei meriggi infuocati d'agosto così come nelle cieche notti immobili dell'inverno montano. La nostra visita è stata motivata anche e soprattutto dalla lettura di un recente articolo apparso sull'ultimo dei "quaderni brembani" *,  che oltre ad averci permesso di scoprire un altro angolo di storia nascosta delle nostre Orobie, cosa per cui ringraziamo infinitamente l'autore, ha messo in chiaro, nero su bianco, l'origine iconografica delle (poche) Madonne Nere brembane, riconducibili fondamentalmente al motivo della Santa Casa di Loreto. A Scasletto si trova per l'appunto un curioso affresco, ricondotto forse troppo entusiasticamente dall'autore al medesimo tema della Madonna Nera. Ci permettiamo di fare quindi alcune osservazioni a proposito di questa ipotesi che, a fronte di un esame diretto, non appare più sostenibile. Quelle qui di seguito sono notate del resto dall'autore stesso, in qualche misura:
- La composizione figurativa non prevede evidentemente l'incarnato scuro per la sola figura della Vergine: tutti i personaggi presenti presentano infatti la medesima tonalità, la quale è presente anche nell'aureola e nel cielo raffigurati. Oltre all'ipotesi di rimaneggiamenti posteriori, non sarebbe da escludere quella di un deterioramento dell'impasto pittorico utilizzato per l'affresco.
- L'iconografia della Madonna di Scasletto non rispecchia quella canonica della Madonna di Loreto. La rappresentazione appare più conforme a schemi compositivi più tradizionali.
  L'autore dell'articolo prosegue notando la presenza di una "bizzarra appendice", simile a una coda serpentiforme, fuoriuscire dal posteriore del Gesù Bambino in braccio a sua madre. Questa viene ricondotta poi alle tentazioni occorse al santo Antonio abate, che del resto ritroviamo a più riprese nella storia culturale e folklorica della valle**. Tralasciando il fatto della probabile unicità di una rappresentazione del genere, mai riscontrata in altri ambiti (ma questa può essere espressione di ignoranza da parte dello scrivente), ma comunque in ogni caso assai coraggiosa, oltre che oltraggiosa, pensiamo che si tratti fondamentalmente di una svista: l'aver scambiato per coda un semplice motivo del panneggio del vestito - assai rovinato, del resto, dall'usura del tempo. Parrebbe inoltre, a uno sguardo più approfondito, che ai piedi della Madonna vi fossero uno o più putti; nell'insieme, la teoria di un "cristo con la coda" apparirebbe quantomeno grottesca.
Con ciò nulla si toglie all'interesse generale per l'argomento "scottante" delle Madonne Nere, ben rappresentate anche nella storia artistica della valle Brembana, e oggetto di catalogazione nell'articolo in questione, di cui invitiamo quindi alla lettura per coloro che ne fossero interessati.

* http://www.valbrembanaweb.it/centroculturale/QUADERNI-BREMBANI-16.pdf
**Vedi il ciclo di affreschi nell'oratorio/ chiesa della Torre di Valtorta, e le figure ricorrenti del carnevale di Valtorta.