L'ingresso del Senedèl (Sorisole) |
Di scarso interesse etnografico, a
prima vista, la vicenda riguardante il bus Senedèl, sito in Val
Baderem, nei pressi della sorgente da cui scaturisce il torrente
Morla. Si narrava infatti che una famiglia vi avesse dimorato, sul
principio del secolo scorso, sostentandosi grazie alla raccolta di
legname(1). Chi fossero gli abitanti del Senedèl e per quanto tempo
vi si fossero insediati, sempre che siano mai esistiti, non è dato
sapere. Quel che appare interessante è il confronto obbligato tra
questa e le numerose altre storie di uomini vissuti nelle grotte che
si riscontrano su tutto l'arco alpino. Riesce difatti arduo
immaginarsi oggi la possibilità di una permanenza prolungata in
luoghi spesso resi invisibili dall'irruenza della giovane boscaglia,
cresciuta là dove fino a pochi decenni or sono non c'era che pascolo
e nuda roccia. Grotte di questo tipo, oggi dimora di rovi, vitalba,
volpi e tassi, sono sempre di semplice accesso ad andamento
orizzontale, molte volte caverne o grottoni tipici dei conglomerati.
Eppure le testimonianze, poi divenute aneddotiche, non mancano. Poco
tempo fa alcune donne di Poscante ci parlarono di un immigrato slavo
andato a vivere, in solitudine, in una certa grotta a monte del
paese(2). In Val del Giongo, sempre ai piedi del Canto Alto, dimorava
in un buco il “Tarzanì” mentre sopra Cassiglio, nel selvaggio
Bus del Colonel, un ex-ufficiale, per misteriose ragioni, si ritirò
in isolamento(3). Poco più a nord, tra le strette valli della Val
Moresca, in un riparo ricavato da grandi massi viveva “ol
Fracasèt”(4). Spostandoci in alta Val San Martino, a Torre de'
Busi, sulle pendici del Monte Tesoro, viveva il “Lupo”, uomo
monco, mentre nell'adiacente Carenno un'intera famiglia risiedeva in
una nicchia sulla mulattiera che porta alla località Piazza.
Una grotta un tempo abitata in Val Nossana (Premolo) |
Cà Pipeta (Samolaco) |
Dato di rilievo nel
riportare la storia di queste grotte, ed elemento comune a molte di
queste, è l'aspetto dell'isolamento sociale volutamente ricercato
dalle figure che si tramanda le abitassero. Approfondire questo fatto
richiede spazi e tempi che esulano dagli scopi di questa ricerca;
tuttavia è possibile fornire qualche suggerimento di un certo
interesse. Nell'ambito alpino è comune la sopravvivenza odierna di
narrazioni e iconografie riguardanti il mito dell'uomo selvatico,
figura metamorfica oggetto di tanti studi e testi. Era questa una
creatura ambigua, arcaica e sapienziale, isolata dalla comunità
valligiana ma della cui esistenza tutti erano a conoscenza. Molto
frequentemente l'uomo selvatico dimorava in grotte o spelonche
lontane dagli abitati, in uno stato di primordiale affinità con le
forze naturali, rispecchiate dal suo aspetto animalesco. A volte il
suo carattere semi-umano viene del tutto meno, lasciando spazio a
quello di esseri più antichi e radicati nel leggendario di
ascendenza culturale centro europea(5). Essere sfuggente, possedeva
conoscenze non comuni che occasionalmente trasmetteva agli uomini:
arti come la caseificazione, la cura del bestiame, financo la
fitoterapia. L'aiuto dato alla popolazione in questo senso lo
avvicina da una parte ai santi eremiti, in primis a Sant'Onofrio(6),
spesso venerati nelle valli in chiese, oratori e cappellette votive.
La compenetrazione tra animale e uomo, nel senso benefico e
utilitario del termine, può inoltre essere associata a figure
antichissime relative allo sciamanesimo. Ma andremmo troppo lontani.
Il Sant'Onofrio di Santa Brigida |
Questi
ultimi motivi sembrano essere ad oggi assenti nei racconti
riguardanti i vari “eremiti” orobici, così come non siamo a
conoscenza della presenza di figure solitarie femminili, ma non è da
escludersi che in passato potessero essere presenti. In generale su
tutto l'arco orobico pare assai sporadico il manifestarsi di figure
accostabili ai guaritori o a coloro che “segnavano”, assai
presenti in altri ambiti alpini(7). Ritroviamo invece questi poteri
miracolosi in diversi personaggi ecclesiastici(8). Che vi sia stata
una sorta di “trasferimento funzionale” da quelle a questi ultimi
non è oggi storicamente accertabile.
NOTE
(1) R.Zambelli 1968
(2) probabilmente il Buco di Val Fosca LO BG 1381, ma non ne siamo certi data la sua attuale irreperibilità.
(3) http://forum.valbrembanaweb.com/trekking-escursioni-valle-brembana-orobie-f87/
(4) ibidem
(5) nello specifico, si trovano identificazioni con entità simili ai folletti, agli orchi e ai giganti; per quanto riguarda le donne selvatiche, anche l'immaginario relativo alla stregoneria.
(6) http://paoloferliga.it/pdf/eremiti.pdf
(7) per una rassegna generale sull'argomento cfr. Baldini E., Bellosi G., Tenebroso Natale, il lato oscuro della grande festa, Laterza, Bari, 2018, pp. 160-167
(8) es. «Ol pret di Bà», Don Francesco Brignoli, o Don Antonio Rubbi, preòst sant di Sorisole.
CARA SARA...brava....bisognerebbe aggiungeren però tantissimo! Enrico
RispondiElimina