lunedì 4 novembre 2019

Valenze folcloriche della speleologia orobica 4 - Carsismo e stregonerie

Fino a pochi decenni orsono la figura della strega nelle sue diverse sfaccettature e interpretazioni era ancora ben radicata nell'immaginario e nel vissuto quotidiano delle popolazioni alpine e non solo. Elementi anche reali, più o meno identificabili come stregoni o streghe erano tacitamente riconosciuti dalle comunità, e si ritrovano, anche nei testi, esempi di fatti a essi correlati (1). Inevitabilmente si tendeva quindi ad associare per via simpatica questi esseri, posti spesso al margine della società locale, ai luoghi circostanti più nascosti o minacciosi, dando vita anche a racconti e leggende piuttosto articolati (2).
Nell'ambito orobico, le informazioni toponomastiche legate alle cavità sotterranee consultate fino ad ora hanno restituito una quantità piuttosto esigua di indicazioni a proposito; allargando quindi per l'occasione l'indagine all'intero settore lombardo, si è delineata una generalissima "geografia carsica della stregoneria" che, numericamente suddivisa per provincia, ha portato a questi dati:

BS 7 - CO 5 - BG 3 - VA 2 - SO 1  (3)

dove le cifre indicano il numero di cavità direttamente legate, per la denominazione locale dialettale, o per le vicende narrate, a materia di streghe e affini.
Il ruolo che storicamente l'inquisizione ha avuto nel plasmare l'immaginario delle popolazioni prealpine di una data area rispetto ad un'altra è argomento non trattabile in questa sede; ci si concentrerà quindi sulle sole cavità legate al territorio orobico. Rimane da sottolineare, in ogni caso, il carattere ormai sfuggente di gran parte delle denominazioni sopravvissute, anche a causa di una certa tendenza, diffusa tra gli speleologi, all'accantonare i dati di carattere etnografico o folcloristico relativi alle cavità da loro esplorate.
Da un punto di vista più simbolico, la grotta rimanda naturalmente all'universo femminile, segnato dall'oscurità vitale del grembo materno e del cielo notturno. Così la stessa inaccessibilità e paurosità di questi luoghi così vicini al mondo ctonio, negati alla vista, li ha favoriti da subito quali siti d'elezione per Sabbat e riunioni (d'estasi?) similari per streghe, stregoni, diavoli e animali dai connotati "demoniaci". A proposito di quest'ultima categoria di esseri, viene spontaneo notare come molti Strigiformi risiedano abitualmente, durante il giorno, in luoghi quali caverne o similari.
In Italia gli esempi riscontrabili in letteratura di grotte o buchi frequentati da inquietanti entità femminili si sprecano; da notare anche come, rimanendo in ambito alpino, laddove la natura geologica del terreno non permetta sviluppi carsici, i siti stregoneschi divengano luoghi di confine, liminali, come le viscide e buie forre dei torrenti, le vicinanze dei crocicchi e dei ponti, i grandi massi erratici che paiono posti in luoghi dove, senza un intervento prodigioso, non avrebbero senso di essere (4).

Il sàs da la sc’trìa di Samolaco. Oltre al repellente pannello indicativo, si nota la caratteristica striatura che ha generato la leggenda associata (v.nota 4).

Tornando alle rocce carbonatiche orobiche, troviamo qualche racconto di sicuro interesse per l'appassionato. In bassa Val Seriana, ad Albino, troviamo il Büs de la Stréa (LoBg 1023):
Durante il medioevo, secondo la leggenda, un gruppo di Stree si stanziò in media Val Seriana. Nessuno sapeva il come ed il perché fossero arrivate, forse per sfuggire ad altre persecuzioni. Esse si nascondevano nei boschi e scelsero come dimora le varie cavità e grotte dei dintorni. Ben presto si registrarono gli effetti della loro presenza: morti inspiegabili, malattie, carestie, sterilità, bestie ammalate, catastrofi atmosferiche e via discorrendo… I valligiani, dopo una pubblica riunione decisero di dare loro la caccia per metterle a pubblica giustizia. Iniziò quindi la caccia alle streghe nella boscaglie circostanti la zona di Albino. Dopo giorni di rastrellamenti molte di loro vennero catturate. L’ultima di queste Stree aveva dimora in una grotta sopra Albino, gli uomini accerchiarono la zona, la fattucchiera vedendosi così spacciata, prima di essere catturata si mise a graffiare le pareti della grotta in modo forsennato lasciando su di esse i profondi solchi delle sue unghie (5).
Anche in questo caso, come per i già numerosi "cören del Diavolo"(6) e similari, la fantasia popolare coltiva narrazioni sul suolo fertile della "meraviglia naturale", dando prova di una capacità di costruzione per immagini che divengono quasi oniriche.
Sempre in Val Seriana, a Casnigo, si trova la Fontana de Pì (LoBg 1032), grotta che "[...] si trovava a metà salita fra la frazione Serio e Casnigo, a tre o quattro metri sopra il livello stradale, vicino ad una sorgente d’acqua. Vi abitava la Egia da Pì (la vecchia della ripa), incaricata di fabbricare i bambini per le spose del paese"(7). Da notare la presenza di una fonte e di una figura ad essa legata, tema comunissimo anche se non così diffuso lungo l'arco orobico.
Non troppo lontano, esiste ad Entratico un'altra Büsa de la Stréa (LoBg 1234), ma ad oggi (e a mai più?) non vi sono ulteriori informazioni a riguardo.
In ambito extra orobico, ma relativo al fiume Brembo in quanto si è in alta pianura bergamasca, a Marne circolava la diceria che nelle cavità a ridosso del fiume abitassero delle streghe di bellissimo aspetto che la notte andavano a dissetarsi ai fontanì della zona, e che poi attiravano i ragazzi e li facevano così annegare. Tornando in montagna, nel territorio delle Grigne, e sempre in relazione a una sorgente, il Funtanìn de la Tur a Esino Lario, si diceva che una strega, residente nella torre in questione, avesse deciso un giorno di mettere un gatto nero - vivo, si intende - a bollire sul focolare. Questo poi si libera, schizzando fuori dal pentolone ed emettendo versi paurosi; nello stesso tempo un'immane massa d'acqua scaturisce dal Funtanìn e si abbatte sul paese (8).
A Costa Imagna, il lavatoio principale vede la presenza di uno strano spirito femminile, il foemnì, e proprio all'interno della struttura stessa si può notare ancora oggi l'ingresso di una piccola cavità, non sappiamo se naturale o artificiale, correlata allo scorrere dell'acqua, e che probabilmente ha contribuito al diffondersi di tale racconto (9).
Essenziale quindi, in molti di questi racconti, il triplice accostamento di lontanissima matrice storica costituito da donna, giovane o vecchia che sia, acqua e grotta, caverna o cavità. Non mancano ovviamente, almeno dal punto di vista toponomastico, altri esempi di queste presenze sulle montagne bergamasche (10), ma le storie a queste collegate sono ormai, probabilmente, perdute.

Zona del Roccolo di Strìe presso Azzone da una cartolina del 1986, con annessa chiesetta "d'ordinanza".


NOTE
1 Da non dimenticare tra costoro quelli che "segnavano" nell'accezione negativa del termine. 
2 "Sempre legato al discorso delle streghe e degli stregoni, voglio raccontare un fatto [...] accaduto al mio bisnonno Luigi Peroni. Questi era sacrista nella parrocchia di Valgoglio; un giorno, durante un forte temporale, egli andò a sunà l'tép. Ad un certo punto [...] lo raggiunse  il parrocco, il quale gli disse: "Arda Lüige chèla ègia so lé sota come la bala!". Il mio bisnonno rispose: "La ède mia!". Allora il parrocco gli disse: "Met sö 'l to pé sura 'l me!". Così facendo, il mio bisnonno vide allora una vecchietta sul sagrato della chiesa che ballava e sgomitava sotto la pioggia, senza però bagnarsi.  A.Chioda, Valgoglio e la sua gente, Ed.Com&Print, Brescia 2009, p.104
3 Notare come la grande parte dei toponimi si situino in area bresciana (Val Camonica e vicinanze) e il comense, territori nei quali l'inquisizione agì in misura maggiore.
4 Per la Val Brembana,tra le altre: https://www.leggende.vallebrembana.org/strega.html
In Val Chiavenna si trova
il  “sàs da la sc’trìa, il sasso della strega, chiamato così perché un’antica leggenda vuole che sia stato luogo di sosta prediletto o addirittura dimora di una pestifera strega. Anche il segno misterioso viene spiegato da questa leggenda. La strega che abitava dietro il masso, un bel giorno, volle combinare un terribile scherzo agli abitanti di Schenone e Nogaredo, e decise di farlo rotolare giù nella Bolgadrégna, per fermare l’acqua e non farla più arrivare al piano. Si diede, allora, a spingere e spingere, ma il masso non si  muoveva. Lungi dall’arrendersi, prese una bella catena, lo legò e cominciò a tirare, con tutta la forza che aveva in corpo. Ma neppure così il masso si spostò, neanche di un solo millimetro. Alla fine si dovette dare per vinta, e gli abitanti di Schenone e Nogaredo poterono continuare a godersi tranquillamente l’acqua del torrente". (http://www.paesidivaltellina.it/camminasamolaco/index.htm).    
5 Tratto da http://www.terraorobica.net/Articoli/Leggende/Ol%20Bus%20de%20la%20Strea.htm
6 Numerosi massi sparsi per le vallate prealpine, che presentano morfologie carsiche superficiali tali da farli apparire come "segnati" da zoccoli o impronte animali affini.
7 Tratto da Basezzi N., Il leggendario nelle grotte bergamasche, https://www.nottole.it/pubblicazioni/Nottolario_numero12_2005.pdf
8 Per la vicenda di Marne e quella di Esino Lario, Gleria E., Contributo per una ricerca sul folklore delle grotte lombarde, http://spazioinwind.libero.it/folkgrotte/lombardia.htm
9 Ringrazio M.Trabucchi per questa piccola "indiscrezione leggendaria".
10 Es. il Roccolo della Strìa in Val di Scalve, il Fontanì della Strìa in Val Brembilla, e altri.

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