Il Vijnanabhairava, testo tantrico del sivaismo kasmiro risalente al VII-VIII sec. circa, ha il suo nucleo fondamentale nei centododici metodi yogici ivi indicati e che, attraverso procedure immediate e spesso decisamente "sinistre", puntano al raggiungimento del tipico fine supremo del praticante di questo ambito yoga, ossia l'unione con Bhairava-Siva, il principio universale finale.
Esisteva difatti, anche in questo tipo di religiosità, una contrapposizione tra due diverse modalità operative e conoscitive collocabili generalmente sul sentiero di mano destra e quello di mano sinistra. Da una parte i discepoli del metodo graduale ortodosso (rim-pa), dall'altra quelli favorevoli all'utilizzo di pratiche di esperienza improvvisa e, spesso, estatica (cig-car). Questa divergenza dottrinale si esplicita al meglio nell'episodio del convegno di bSam yas, verso la fine del secolo VIII. Il sovrano K'ri sron Ide btsan, esasperato dai continui contrasti tra le due fazioni religiose, ne convocò i più prestigiosi rappresentanti, e dopo lunghi dibattiti furono decretati vincitori i sostenitori del metodo graduale. I membri della parte avversa non presero bene la sconfitta: in linea con la loro filosofia, si suicidarono tutti, con metodi poco "graduali": si fecero a pezzi, si bruciarono, si mutilarono delle parti intime.
Il Vijnanabhairava, disponibile in Italia solo nella traduzione di Adelphi, è una lettura interessante appunto per questo suo carattere di immediatezza descrittiva: centododici possibilità che a nostro avviso possono risultare utili anche al serio praticante odierno - con tutte le riserve del caso.
Qui di seguito diamo qualche rapido esempio, consigliandone comunque l'intera lettura, dato l'ampio ventaglio di piccole pratiche in esso contenute.
(29).[Questa potenza giova meditarla] ascendente, simile a un lampo, via via attraverso le varie ruote, su su fino allo dvadasanta: così, alla fine, si invera il grande sorgere [di Bhairava].
viene descritto un metodo per favorire l'ascesa di kundalini attraverso i vari chakra (le ruote), fino a sfociare nella corona dello dvasasanta (assimilabile al sahasrara).
(54).Colui che mediti la potenza, prima grossa e poi sottile, nello dvadasanta, e poi, entrato dentro, la mediti nel cuore, ottiene nel sonno la libertà.
si profila la possibilità, tramite questa pratica, di andare a lavorare attivamente sulla sfera del sogno.
(69).In virtù di una intensa rammemorazione del piacere che dà una donna, coi suoi baci, scotimenti e carezze, pur in assenza di essa potenza [...] si può verificare un'inondazione di beatitudine.
è evidente l'utilizzo dell'energia sessuale - anche in assenza di partner, nella prospettiva dell' "eroe solitario" - nella ricerca dello stato di potenza meditativa.
(106).Resa la mente senza appoggio, lo yogin deve astenersi dal formare pensieri discorsivi ed ecco che [...] raggiunto lo stato di identità tra il proprio sé e il sé supremo, si invera Bhairava.viene qui enunciato uno dei principi fondamentali del meditare: il dover recidere con decisione il sorgere di ogni rappresentazione mentale - in questo caso linguistica - per rendere più probabile l'avvicinamento allo stato supremo.
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