lunedì 4 aprile 2022

rosso bolognese

 

 

Bologna la grassa, vetusta madrina vestita di rosso antico, sorveglia come chioccia le generazioni di studenti che da sempre, alternandosi, popolano le sue viscere. Una signora dai fianchi cadenti, incline ad una certa poetica mollezza, esperta amante dei bagordi notturni che la riportano per poche ore alla giovinezza ormai perduta. Città che ammalia ma nella quale non vivrei: il suo fermento sotterraneo, eccessivo e caotico, il vagare di troppi giovani, carichi degli strascichi delle ebbrezze e dei sogni universitari, ne popolano i portici chilometrici, odorosi di ormoni ed urina, lacerando via via il mio sottile tessuto psichico, sempre affaticato dal dovere dell’identità. Troppi fantasmi in forme di vite potenziali si aggirano nell’aria umida delle strade e dei vicoli. E tutto questo caos invisibile, frutto disordinato di milioni di vissuti post-adolescenziali, è troppo spesso tinto dai colori eccessivi della politica. L’opulenza grassa, quasi al limite dell’indigestione, della sua eccellente cucina è influenzata anch’essa dalla presenza cosmopolita della popolazione giovanile: e scorgo il riflesso scuro di questo vivere festaiolo, benedetto dalla salute e dalla spensieratezza, nelle macabre collezioni cittadine degli squartamenti in cera e delle deformazioni in formaldeide. Città di passioni violente, il caldo rosso bolognese delle facciate dei suoi grandi palazzi suggerisce tramonti antichi e interminabili, mentre l’alta torre sghemba domina su tutto, minacciando la rovina come un’ubriaca barcollante. Sgorgando da una basilare assenza di controllo o da una reviviscenza di primordialità, rappresentata alla perfezione dalla scena del Compianto, il sangue fresco di Bologna colora e alimenta le sue stesse millenarie pietre di sapienza: equazione rabelaisiana?

Nessun commento:

Posta un commento